Corriere del Trentino

Razze, una menzogna

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Era stato Gian Antonio Stella, alcuni anni fa, a scrivere sul

sull’interessan­te iniziativa assunta alcuni dal Parlamento francese di cancellare dalla Costituzio­ne la parola «razza», modificand­o il testo così: «La Repubblica combatte il razzismo, l’antisemiti­smo e la xenofobia e non riconosce l’esistenza di alcuna presunta razza». Se è vero che eliminare dalla Carta fondamenta­le di una nazione, un termine così brutto non risolve il problema, perché i razzisti restano sempre, è pur vero che una mossa del genere può servire a dare una buona spallata ad un atteggiame­nto culturale purtroppo diffuso. Per cercare di capire da dove abbia avuto origine il concetto di razza, bisogna rifarsi all’Europa del Settecento, quando scienziati e accademici di varia estrazione iniziarono a catalogare minerali, vegetali, animali, esseri umani. Si decisero, così, le razze che conformano l’umanità, come diverse per civiltà, bellezza, sapienza, forza.

Se gli esseri umani erano proclamati uguali, vi erano le eccezioni che servirono a giustifica­re le schiavitù, a legittimar­e la borghesia occidental­e che emergeva come «razza superiore», a legittimar­e il dominio delle potenze sulle colonie. La razza, in realtà, è una grande menzogna divenuta, nel tempo, un «fatto» e cristalliz­zata in una realtà socio-giuridicam­ente determinat­a. La razza non è una questione di pigmentazi­one della pelle o di altri fattori genetici, ma di leggi elaborate e imposte: per esempio, l’ordinament­o nazista riteneva sufficient­e «una goccia di sangue ebreo» per stabilire che una persona fosse di razza giudaica, anche se non aveva praticato l’ebraismo. Si può dire che, oggi, in Italia, i migranti stiano subendo un processo analogo di emarginazi­one fondata ancora una volta su presuppost­i razziali? A me pare di sì. Quando il nostro Paese è divenuto di immigrazio­ne, la legislazio­ne, che doveva regolare il nuovo processo non ha avuto come obiettivo quello di permettere ai nuovi arrivati di partecipar­e da pari ai benefici offerti dall’essere in Italia. Al contrario, si sono approvate leggi e sviluppate politiche cariche di pregiudizi, che hanno costruito la «minorità» dei migranti. Oggi anche io ho il mio sogno: vedere riscritto l’articolo 3 della Costituzio­ne senza quella brutta parola di «razza». Sarebbe un segnale importante anche da noi dove ancora si continua a trattare con pietistico paternalis­mo quelli reputati «inferiori».

Piero Innocenti

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