Viaggio nel bosco Ecco gli 80 alberi custodi della storia
Dal «patriarca» al «re Leone» Ecco gli ottanta alberi secolari che custodiscono la storia del territorio montano trentino
Alcuni hanno nomi solenni. Come «il TRENTO patriarca del Baldo», un enorme abete bianco di circa 150 anni e 25 metri di altezza che sorveglia il comune di Avio. O come le «colonne della Casaia», i due abeti (uno bianco e uno rosso) di ben 50 metri e 200 anni che svettano accanto a una delle forestali del Cermis, a Cavalese. O ancora — seppur in questo caso si parli di un albero morto — come l’«Eterno», un tronco di cirmolo, antico di oltre mille anni, che resiste al tempo e alle intemperie a pochi minuti da passo Manghen.
Del resto, sono loro i veri «custodi» del bosco, giganti buoni e soprattutto antichi, che hanno vissuto inverni nevosi, estati torride, cambiamenti di stagioni e di clima: alberi secolari che, con la loro maestosità, testimoniano la forza e la ricchezza della natura. Il Servizio foreste e fauna della Provincia ne ha catalogati un’ottantina, raccolti in una guida che ne indica età, altezza, caratteristiche, spiegandone peculiarità e guidando curiosi — turisti ma anche trentini — alla scoperta di un territorio spesso poco conosciuto, ma affascinante.
Il «viaggio» attraverso i gioielli del bosco abbraccia tutto il Trentino. E mette in risalto un passato importante. Sono molti, infatti, gli alberi plurisecolari che ancora oggi impreziosiscono le valli, mostrando la loro storia attraverso tronchi imponenti, senza però nascondere le cicatrici del tempo: fianchi spezzati dal vento o da fulmini, rami la cui crescita ha dovuto adattarsi all’ambiente. Trovarseli davanti è come leggere un libro di storia. Il zirmo dei Zocchi Alti, in Valfloriana, è una mano aperta poggiata su un tronco di 530 centimetri. Il «re Leone», in val di Fiemme, dalle enormi radici, domina la piana del lago delle Buse. E che dire della scalinata degli alberi monumentali nel parco dello Stelvio, risalendo il sentiero che porta al rifugio Dorigoni: una piccola comunità di «anziani», tutti con una loro storia da raccontare. L’auspicio? Che sopravvivano ancora ad anni di «fatiche». L’addio all’Avez del Prinzep», qualche mese fa, ha portato centinaia di persone a Lavarone. A un «re», del resto, va offerto il giusto tributo.