Corriere del Trentino

Gnocchi mescola pubblico e privato «Amo il calcio»

Gene Gnocchi sarà a Trento con «Il procacciat­ore»

- Nappi

La ricerca sistematic­a della deficienza sarà al centro de «Il procacciat­ore», il nuovo spettacolo di Gene Gnocchi che andrà in scena il 17 febbraio all’Auditorium Santa Chiara di Trento (ore 21). Un viaggio in cui il comico emiliano è da solo in scena ma in costante dialogo col pubblico, protagonis­ta di un monologo surreale giocato su un doppio piano che mescola vita pubblica e privata.

La verve di Gene Gnocchi è ormai da anni al servizio di più canali espressivi: dalla television­e alla scrittura, dal teatro all’amore per il calcio con qualche incursione anche nel cinema. La stralunata vis comica di Eugenio Ghiozzi è arrivata al grande pubblico nel 1989 con il successo televisivo di «Emilio», trasmissio­ne in onda su Italia 1 che radunava una straordina­ria fucina di talenti comici come Zuzzurro e Gaspare, Giorgio Faletti, Teo Teocoli e Silvio Orlando. Ne abbiamo parlato con lo stesso Gnocchi, raggiunto telefonica­mente.

Chi è il procacciat­ore del suo nuovo spettacolo?

«Il procacciat­ore è un conferenzi­ere che gira l’Italia per ridare speranza alla gente. Nel corso di una delle conferenze mentre espone le slide un’applicazio­ne del telefonino rende pubblici i messaggi privati che riceve e si trova quindi coinvolto suo malgrado in situazioni pesanti da risolvere. È un monologo particolar­e giocato su un doppio registro: la conferenza e la vita privata che si mescolano e quindi anche il pubblico diventa protagonis­ta».

Cosa significa perseguire in maniera sistematic­a la deficienza?

«Si tratta dell’obiettivo che mi pongo per tutti i miei spettacoli teatrali: cercare di togliere per raggiunger­e l’essenziale. Credo che rendersi conto di quanto siamo deficienti sta alla base di tutto e

forse in questo spettacolo lo esplicito meglio che in altri».

È nota la sua passione musicale espressa con la band dei The Getton Boys nei primi anni ’90: c’è qualche eco nel procacciat­ore?

«Ci sono tre pezzi musicali, in qualche modo strumental­i alla conferenza, che ho voluto inserire. La musica è una delle mie passioni e non riesco davvero a farne a meno».

L’altro grande amore è il calcio: cosa ne pensa dello stato attuale in Italia?

«A calcio ho giocato per tanti anni ed è forse la mia passione più grande. Col mestiere che faccio alla fine finisco per prendere in giro le cose che amo di più: è anche vero che personaggi come Tavecchio, Lotito e Cassano le battute te le ispirano di per sè. Rimane una certa amarezza nel constatare quanto il calcio attuale sia diventato puro business e non ci sia nessuna volontà di rifondarlo».

Quanto è rimasto legato a una trasmissio­ne come «Emilio»?

«Una delle più belle esperienze della mia vita profession­ale, tanto più fatta all’inizio assieme a un cast irripetibi­le di talenti che poi sono diventati anche dei cari amici come Zuzzurro e Gaspare, Giorgio Faletti e Teo Teocoli».

È un monologo in cui la vita pubblica si mescola con quella privata A calcio ho giocato per tanti anni ed è forse la mia passione più grande

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