Pd, lunga notte Se Renzi chiama Olivi ci ripensa
Giornata di trattative infinite ieri a Roma in casa Pd. La direzione nazionale, convocata per la mattina, è stata posticipata prima al pomeriggio e poi a tarda sera. Sul tavolo anche il nodo Olivi: il vicepresidente potrebbe ripensarci nel caso di una chiamata da Roma. Intanto Brugger (Svp) attacca Boschi.
TRENTO Per Italo Gilmozzi quella di ieri è stata una giornata lunga. Anzi, lunghissima. E snervante. Il segretario dem è sceso nella capitale di prima mattina per partecipare alla direzione nazionale del partito convocata per chiudere la delicata questione delle candidature (lunedì è l’ultimo giorno utile per presentare le liste): già questo un piccolo tour de force, considerato che l’assessore cittadino è rimasto nell’assemblea provinciale, giovedì, fino a tarda sera. Poi, però, il quadro — già complicato — si è ulteriormente ingarbugliato. E la riunione è slittata. Prima alle 16. Poi alle 20. E, infine, alle 22.30.
Troppe le mediazioni ancora aperte per poter pensare di convocare la direzione nei tempi previsti. E troppe le tensioni. Come quelle sulla candidatura di Maria Elena Boschi nel collegio della Bassa Atesina, la cui presentazione a Bolzano è stata — anche questa — spostata di qualche giorno: da ieri a lunedì. Con un’accoglienza che si preannuncia non proprio calorosa
viste le dichiarazioni al vetriolo lanciate ieri da più parti (nel parliamo nell’articolo in pagina).
Insomma, a poche ore dalla chiusura delle liste, in casa dem il clima rimane ancora incandescente. Con punti di domanda che coinvolgono anche il Trentino.
Il niet di Alessandro Olivi ha infatti scompaginato le carte. Facendo salire le quotazioni di un «tris» di candidature dem composto da Michele Nicoletti a Rovereto, Mariachiara Franzoia a Trento (più probabile rispetto all’altra papabile per il capoluogo, Lucia Maestri) e Giorgio Tonini in Valsugana (con l’eventuale deroga da Roma: nel caso, rimane possibile anche il nome di Eleonora Stenico).
In realtà, il vicepresidente della Provincia avrebbe fatto sapere di poter ancora riconsiderare la sua decisione, se dai vertici romani arrivasse una sollecitazione precisa. Ma in pochi, ieri, erano propensi a sposare questa opzione, viste le spinte e le ambizioni che in questi giorni stanno agitando il Pd nazionale. E, ancora, visto il poco tempo ormai a disposizione.
A osservare le mosse di Olivi e non solo, tra l’altro, ci sono anche i componenti della giunta provinciale. Che con Mellarini «in partenza» si preparano a un mini-rimpasto. È facile immaginare che la rinuncia di Olivi non abbia proprio fatto felice l’assessora Sara Ferrari, che già pregustava la sua «promozione» a vicepresidente in virtù della rappresentanza di genere. E a non sorridere è anche il governatore Ugo Rossi, che forse avrebbe fatto volentieri a meno dell’esponente dem. «Non parlo di politica, siamo in par condicio» si è limitato a dire ieri Rossi a chi gli chiedeva commenti sulle candidature.
A questo punto, per quanto riguarda la situazione dem, sarà direttamente Matteo Renzi a sciogliere i nodi.