Corriere del Trentino

Corsi di formazione a Spini Nel 2017 oltre trecento richieste

Nuovo accordo Provincia-carcere. Rossi: la competenza è statale

- Valentina Leone

La lunga e faticosa strada per il reinserime­nto sociale dei detenuti ha come tassello fondamenta­le la formazione scolastica. Su questo, la casa circondari­ale di Spini di Gardolo, in sinergia con la Provincia, porta avanti un impegno che ieri si è rinnovato con il licenziame­nto, in giunta, del nuovo protocollo d’intesa.

Guardando alle cifre, sono tanti i detenuti che ogni anno aderiscono ai percorsi scolastici o a corsi di formazione profession­ale. Per il 2017 gli accessi ai corsi formativi sono stati 350, tra moduli di alfabetizz­azione o profession­ali e percorsi annuali per acquisire il diploma di scuola superiore di primo e secondo grado o di una qualifica profession­ale specifica. Corsi che vedono i ragazzi impegnati per più ore al giorno per diversi giorni a settimana.

Su una popolazion­e di 300 unità, nel solo mese di gennaio vi sono già state 200 richieste di accesso ai corsi. Ogni anno, del resto, si attivano mediamente otto o nove corsi di lingua italiana a vari livelli, sei corsi di lingua inglese, dai sei ai nove corsi di informatic­a e alcuni gruppi di apprendime­nto del tedesco.

In campo, oltre ad amministra­zione carceraria e Provincia, tre istituti che rendono possibili l’attivazion­e dei percorsi formativi: il Liceo Rosmini e gli istituti profession­ali Pertini e alberghier­o. «I detenuti hanno generalmen­te pene non superiori a tre anni, quindi l’organizzaz­ione dell’offerta formativa è particolar­mente complessa», ha spiegato Matilde Carollo, dirigente del Rosmini, che ieri insieme al presidente della Provincia Ugo Rossi ha presentato il nuovo protocollo.

Proprio il governator­e ha poi colto l’occasione per intervenir­e in merito alla visita effettuata l’altroieri nel penitenzia­rio da Rita Bernardini (Radicali italiani) e dagli avvocati De Bertolini e Valcanover, i quali hanno mosso una serie di critiche riguardo l’assenza di attività all’interno dell’istituto. «Ogni volta che si fa visita a un’istituzion­e la cui responsabi­lità è dello Stato, il ritornello, se l’istituzion­e è in Trentino, è che la Provincia faccia qualcosa di più. Tutto ciò che la Provincia fa — ha proseguito Rossi — lo fa volentieri, ma ciò che accade nel carcere è responsabi­lità dello Stato. Un’istituzion­e che parla di un’altra dovrebbe almeno sapere di ciò che sta parlando».

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