La sconfitta dell’Upt
Donatella Conzatti lascia l’Unione per il Trentino. Lo lascia dopo che ne era stata segretaria, ne aveva raddoppiato il numero degli iscritti, ne aveva azzerato il debito. Lo lascia dopo avere reintrodotto la democrazia reale al suo interno e soprattutto dopo avere riavvicinato molta gente alla politica. Lo lascia perché la sua azione di persona nuova e di donna che «pretendeva» di fare politica non poteva essere accettata dalla casta dei politici a vita e al maschile.
Donatella, come tanti altri, si era riconosciuta nel simbolo Upt e non solo in quello grafico, ma in ciò che esso rappresentava. Simbolo che come tutti i simboli non appartiene a nessuno singolarmente bensì collettivamente a tutti coloro che vi si identificano. Ora, bene evidenzia Gustavo Zagrebelsky nel suo prezioso libro «Simboli al potere», quando taluno — foss’anche il suo stesso ideatore — vuole far diventare un simbolo sua proprietà privata, esso da elemento di unione diventa fattore di divisione. Così è accaduto per il simbolo Upt, sin da quando gli si è voluto affiancare il simbolo «cantiere» come strumento per iniziare a (ri)farne una proprietà privata.
Ed ecco la prima divisione: «Io Upt-Upt, tu Upt-Cantiere». Adesso è maturata la seconda divisione, anzi una lacerazione: esce dall’Unione una persona che lo aveva amato, che aveva investito tanto tempo e denaro (sottratti alla sua professione), che aveva dedicato autentica passione in quell’idea e che aveva conseguito importanti risultati. Risultati, si noti, in favore di tutta la politica: quelli contro l’antipolitica. Donatella esce e con lei tanti altri, ognuno per la sua strada.
Peccato, perché immaginate quale diverso successo avrebbe avuto l’idea Upt e l’intera politica se la vecchia guardia del partito avesse accettato di sostenere chi aveva vinto al congresso; se costoro avessero accettato di contribuire con la propria esperienza alla vitalità di una generazione più giovane, di un genere diverso (il femminile) portatrice di idee nuove, più aggiornate, di una democrazia più vera e soprattutto fondata sulla libera e autonoma maturazione del pensiero di ognuno, non più a rimorchio dell’ipse dixit di turno. Peccato.
Si obietta che all’interno dell’Upt (residuo) vi è unanimità nel valutare tale uscita. Ebbene, io diffido dell’unanimità, dei grandi numeri, se non altro perché, per dirla con Josif Brodskij («Il canto del pendolo), «all’interno dei grandi numeri più facilmente può nascondersi il male». Oggi l’Upt (residuo) può celebrare una vera e propria sconfitta, non una vittoria.
Riccardo Lucatti,