Boato: «Il ‘68 non produsse il terrorismo»
Presentato il libro di Paolo Brogi. Calì: «Intervenne la violenza dello Stato»
TRENTO «Il lavoro di Brogi ci aiuta a uscire soprattutto dal prevalere dalla memorialistica. La storia è più complessa, e gli storici che hanno cercato di approfondire questo evento di cinquant’anni fa non sono molti, perché non si tratta di un tema facile. Un libro che non affronta il nodo storico, ma con la sua cronologia rigorosamente riferita al ’68, mette in luce attraverso i fatti gli elementi che permetteranno allo storico in futuro di elaborare una lettura più completa di quegli eventi».
Esordisce con questo punto di vista Vincenzo Calì durante la presentazione di ’68 Ce n’est qu’un dèbut - Storie di
un mondo in rivolta (Imprimatur) di Paolo Brogi, giornalista che nel ’68 era a Pisa, e che è stato firma del Corriere
della Sera. A raccontare le pagine di Brogi, insieme a Calì ci sono il sindaco di Trento Alessandro Andreatta, Marco Boato, Lucia Coppola, Roberto De Bernardis.
«Da Roma a Berlino, passando per New York, Varsavia, Parigi, Tokyo, Milano, Chicago, Trento, Pisa, Torino, Valdagno, Firenze, Venezia, Avola, Pesaro, Venezia, Genova, Bologna, la Versilia, Dakar, Rawalpindi, Belgrado, Praga, Varsavia, Istanbul, Rio, Istanbul, Città del Messico … Che anno il ’68. A mezzo secolo di distanza uno di allora alle prese con quella stagione insuperabile, raccontata in un caleidoscopio di situazioni con la voce dei suoi protagonisti» recita il risvolto di copertina.
«Con l’interpretazione dei fatti del ’68 — riprende Calì — inizia il difficile, in particolare per il caso italiano. Perché in Italia, a differenza di quanto accadde in Francia, Inghilterra, Stati Uniti, non solo non ci fu una rivoluzione, ma intervenne una violenza dello Stato che impedì negli anni successivi di rielaborare e arricchire quei messaggi, che erano rimasti soltanto ancora “messaggi per il futuro”».
Calì, sottolinea poi che lo spirito profondo del movimento era pacifista e non violento e su questo aspetto si sofferma anche Marco Boato, che ricorda innanzitutto la sua amicizia con Brogi, iniziata quasi cinquant’anni fa. «Abbiamo percorso lo stesso itinerario politico, dal movimento studentesco a Lotta continua alle battaglie per i diritti civili — afferma —. Di errori probabilmente ne abbiamo fatti tutti, ma per quanto riguarda quelli clamorosi legati al terrorismo e alla lotta armata, si parla di un ragazzo su diecimila. Saranno stati cinque o seimila in tutta Italia i giovani coinvolti, ma del movimento del ‘68 hanno fatto parte alcuni milioni. Non si può dunque adottare il circuito ideologico mentale: il ‘68 ha prodotto terrorismo».
Entrando nei dettagli del libro, Boato osserva che si tratta di «un lavoro straordinario. Una lettura appassionante come un romanzo, ma densa di elementi critici e problematici, arricchita da diverse testimonianze dei protagonisti di quel periodo. Il volume contiene in proposito anche 240 brevi biografie, e 95 tra i personaggi elencati sono morti».
A giorni sarà in libreria Il lungo ‘68 in Italia e nel mondo
dello stesso Boato, che estende l’osservazione agli anni tra il ’60 e il ’77.