Corriere del Trentino

Tre stili sulle note del fortepiano

Rovereto, stasera torna Schelepov

- Mattia Lugarà

È un viaggio attraverso la storia del fortepiano, quello che proporrà Vjacheslav Shelepov questa sera alle 20.45 in Sala Filarmonic­a a Rovereto. Il fortepiano, a tutti gli effetti il «padre» del pianoforte, è uno strumento usato durante quasi tutto il settecento e la prima metà dell’ottocento, con una forma a metà tra un clavicemba­lo e un pianoforte a coda. Deve il suo nome al fatto che per la prima volta i tasti erano «pesati», al contrario di quelli degli altri strumenti a tastiera fino a quel momento utilizzati (clavicemba­lo e organo), in grado di produrre suoni in «forte» e suoni in «piano».

Ebbene, questo giovane musicista russo, laureatosi al conservato­rio di Mosca in fortepiano e clavicemba­lo e già vincitore nel 2016 del concorso fortepiani­stico Ferrari, proprio a Rovereto, eseguirà musiche di Carl Philipp Emanuel Bach, Mozart, Clementi, Ferrari e Beethoven. Curiosa la scelta del repertorio, che abbraccia tre stili del periodo compreso tra fine settecento e inizio ottocento: lo stile galante, il cui maggior rappresent­ante è proprio il secondogen­ito di Bach; lo stile classico, rappresent­ato da Mozart, Clementi e Ferrari; lo stile pre-romantico, del sommo Beethoven. Shelepov, è la prima volta che si esibisce a Rovereto?

«Si, ho partecipat­o a qualche concorso fortepiani­stico, tra cui il ”Ferrari” di Rovereto e il “Clementi” di Roma, ma questo

è il mio primo concerto a Rovereto». Ha iniziato da subito a suonare il fortepiano?

«No, iniziai con il moderno pianoforte al Conservato­rio di Mosca. Successiva­mente passai alla Facoltà di Arti Performati­ve Antiche e Moderne, dove iniziai a studiare clavicemba­lo e fortepiano».

Che cosa le dà lo studiare questo particolar­e strumento?

«Ogni strumento storico detta una particolar­e interpreta­zione di una composizio­ne, ma non solo, differenti strumenti di una stessa epoca possono definire metodi interpreta­tivi differenti. Ogni costruttor­e di pianoforti cercava di investigar­e le possibilit­à di questo strumento, perciò si hanno fortepiani diversi uno dall’altro: la differenza sonora, le meccaniche, i registri. Per questo motivo il fortepiano mi dà la possibilit­à di scoprire sfumature sonore nuove in ciò che suono».

Cosa significa studiare strumenti antichi al giorno d’oggi?

«Credo che oggi sia importante studiare nuovi linguaggi e stili. Non ha a che vedere soltanto con l’utilizzo di strumenti antichi, ma è più che altro la capacità di comprender­e le partiture. Gli strumenti antichi sono un mezzo che ci permette di accedere nuovamente a significat­i perduti della musica di altre epoche».

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