Candidati Pd, sinistra assente
Democratici Il capogruppo provinciale solleva la questione rappresentanza. «Partito troppo Trento-centrico» Manica: ottime persone, ma di centro. Intanto l’asse Zeni-Lotti crea nervosismo
«La sinistra è sparita» osserva qualcuno commentando le candidature del Pd. «Non è rappresentata» chiosa più garbatamente Alessio Manica, che giudica «di grande qualità» i nomi ma sbilanciati al centro.
TRENTO E la sinistra? La domanda, dal retrogusto ormai novecentesco, più d’uno all’interno del Pd ha cominciato a farsela all’indomani dell’ufficializzazione delle candidature. «La sinistra è semplicemente scomparsa — osserva un dirigente del partito — Dei quadri dei Ds non è rimasto nessuno, la minoranza provinciale non ha avanzato proposte, quella nazionale ha giocato malamente la sola carta Mosaner». Il capogruppo, Alessio Manica, è meno caustico, ma è anche l’unico che accetta di parlare del tema a taccuino aperto. «Il Pd — dice — ha individuato candidati di grande qualità, ma per la sinistra non c’è rappresentanza qui come a livello nazionale. È un tema che, dopo il 5 marzo, andrà affrontato anche a Trento».
Quella di Manica — ci tiene molto a sottolinearlo il capogruppo — non è una sconfessione della candidature. «Ci eravamo dati degli obiettivi, ne abbiamo centrati diversi e significativi. Avevamo tutti concordato sulla necessità di confermare una figura di valore come quella di Michele Nicoletti e così è stato. Avevamo ragionato dell’opportunità di candidare anche una figura esterna alla dirigenza del partito e, con Eleonora Stenico, mi pare che anche questo obiettivo si stato centrato. Un altro criterio guida era stato quello del ricambio generazionale e la candidatura di Maria Chiara Franzoia, classe 1979, mi pare andare in questa direzione. Infine, ma non per importanza, ci eravamo imposti di candidare un congruo numero di donne e anche in questo senso abbiamo fatto un buon lavoro».
Alla sinistra, però, non è andato nemmeno uno dei quattro posti «papabili». Elisa Filippi, capolista del listino della Camera, è renziana di rito ortodosso. Nicoletti, pur trasversalmente stimato nel partito, non ha mai nascosto la sua cultura cattolica. Franzoia, non è un mistero per nessuno, è stata scelta non solo perché giovane e donna, ma anche perché ritenuta in grado di attrarre i voti dei Focolarini di cui fa parte. Stenico, anche se nel Pd non amano dirlo, è stata scelta e indicata da Ugo Rossi, che ha così ottenuto in un colpo solo la formale rinuncia del Patt a un secondo collegio da spendersi in chiave provinciale, l’inamovibilità di Franco Panizza dal collegio sicuro di Trento, l’elezione di un secondo parlamentare certo nel listino della Svp con Emanuela Rossini e l’elezione di fatto di un terzo se Stenico ce la farà nel non facile collegio della Valsugana. Dovesse fallire, potrà rapidamente diventare un errore del Pd.
«Mi pare evidente — riconosce Manica — che altri obiettivi, come quello di dare rappresentanza anche alla sinistra del partito, non sono stati centrati. Va detto che la presenza di Alessandro Olivi avrebbe sicuramente assolto a questo compito, ma dopo la sua scelta si è creato un vuoto che tale è rimasto. Se a questo vuoto sommiamo il quadro nazionale, un tema si pone: il Pd non può rinunciare a dare voce a una parte del nostro elettorato e della nostra società. Ora pensiamo alla campagna elettorale, dopo il 5 marzo mi auguro che si possa parlare anche di questo». Il secondo obiettivo mancato è, per Manica, «l’assenza di candidati che rappresentino l’Alto Garda dopo la scelta dell’Upt di non confermare Vittorio Fravezzi». «Come Pd — conclude — mostriamo di gravitare sempre un po’ troppo su Trento e anche questa è una questione che non possiamo eludere».
Le questioni, dopo il 5 marzo, non mancheranno indipendentemente dal risultato. I delusi abbondano. Lo è Lucia Maestri, la cui candidatura — per altro sostenuta dalle donne del Pd — pareva quasi certa. Lo è Donata Borgonovo Re, che ha mal digerito lo spostamento su Rovereto di Nicoletti dovuto alla candidatura di Franzoia che Luca Zeni — più del segretario Italo Gilmozzi — ha ideato e fortemente sostenuto attraverso il proprio canale diretto con Luca Lotti. A più d’uno il discreto, ma decisivo protagonismo elettorale dell’assessore è andato di traverso. Deluso è Mattia Civico, che dovrà rinunciare alla cooptazione in giunta. Delusa è Sara Ferrari, che già rivendicava la vicepresidenza di Olivi. Delusi sono alcuni sostenitori di quest’ultimo, spiazzati da una rinuncia che in molti non hanno capito. Delusa è la minoranza «orlandiana» che malamente ha giocato le sue carte pensando che Matteo Renzi potesse avallare come capolista del listino Adalberto Mosaner, uno dei pochi dirigenti locali del Pd schieratosi apertamente contro di lui. Delusa è la minoranza provinciale, anche da se stessa: se sul tavolo un loro nome non c’è mai stato è anche perché, banalmente, mai lo hanno fatto. Su Elisabetta Bozzarelli — la candidata alternativa a Gilmozzi al congresso — grava poi il sospetto che l’asse amicale con Zeni e la prospettiva di liberare spazio in Comune candidando Franzoia abbia avuto la meglio su considerazioni più generali.
Il nodo La minoranza Pd non ha un rappresentante anche perché non lo ha proposto Consigliere Il Pd mostra di gravitare un po’ troppo su Trento e anche tale questione non va elusa