LA PRIVACY SVENDUTA
L’installazione di nuove telecamere nel Comune di Trento ha riacceso il dibattito relativo all’equilibrio tra privacy e sicurezza. Sugli interessi in gioco e sui pericoli dei sistemi diffusi di videosorveglianza, Paolo Guarda, intervistato ieri dal Corriere
del Trentino, si è prodotto in un’analisi molto precisa, proponendo una piccola provocazione: ha contrapposto garanzie e trasparenza di un sistema di controllo gestito dal Comune, con altri meccanismi pesantemente invasivi della nostra vita, operanti attraverso smartphone e internet. In un simile scenario sensibilità e consapevolezza dei cittadini-utenti sono sostanzialmente minori.
C’è un altro aspetto su cui si può riflettere. I sistemi di videosorveglianza, pur lasciando aperti ampi fronti di discussione in merito a efficacia e possibili abusi, sacrificano la riservatezza individuale per una sicurezza collettiva. L’uso di app, social network, motori di ricerca e altri strumenti che troviamo sul web può depotenziare entrambi. Un recente caso, sollevato dal New York Times, ha riguardato una app di fitness che, ottenuto un (distratto?) consenso dagli utilizzatori, in tempo reale mostrava mappe della loro posizione. Considerando che molti militari fruiscono di quella app e collegando quei dati con altri ricavabili dai social network, gli analisti hanno rilevato il pericolo di una possibile localizzazione di basi (anche segrete) e movimenti dell’esercito. Incrociando altre informazioni reperibili in Rete, è inoltre possibile identificare e individuare i singoli soldati anche una volta tornati a casa.
Qualcosa di più comune? I furti avvenuti in assenza dei proprietari; un’assenza accertata attraverso dettagliate informazioni «postate» dagli stessi padroni di casa, magari con foto da luoghi sperduti. In questo caso si può dire che la privacy, e la rinuncia a essa, è una «scelta» individuale, di cui ci si assumono i rischi: il problema è la mancata consapevolezza di ciò che si accetta e dei possibili effetti. Nell’altro caso, invece, si apre una diversa frontiera, considerando le conseguenze collettive.
La rinuncia alla propria privacy comporta un minor livello di sicurezza non solo individuale ma anche sociale. È giusto pertanto preoccuparsi di possibili invasioni pubbliche della sfera personale,senza dimenticarsi però di quelle — quotidiane — più profonde e continue, effettuate da soggetti privati. Per i quali, in fondo, i prodotti siamo noi.