Pallaoro e i «personaggi scomodi» «Mi aiutano a sondare l’animo»
Sono stati i personaggi «scomodi, incompresi ed emarginati» di Andrea Pallaoro ad aprire ieri all’Auditorium Melotti la rassegna «Cinema presente» del Centro Santa Chiara. «Anche se agli spettatori risultano antipatici — confessa il regista trentino, classe 1982 — io non mi stancherò mai di inserirli nelle mie sceneggiature, perché sono quelli che più mi aiutano a trasporre sul grande schermo le mie riflessioni sull’animo umano». E proprio i sentimenti, in particolare l’angoscia e l’incomunicabilità tra generazioni, sono il leitmotiv di tutti i lavori di Pallaoro, il quale, trasferitosi negli Stati Uniti a soli diciassette anni per frequentare il quarto anno delle superiori all’estero, decise di costruire lì la sua carriera, affascinato dalla flessibilità del sistema scolastico, «che — spiega — dà agli studenti una libertà d’espressione poco frequente in Italia». Laureato all’Hampshire College del Massachusetts, Pallaoro ha cominciato ad indagare l’interiorità dei suoi personaggi già in Wunderkammer, il suo primo cortometraggio, realizzato come tesi di master al California Institute of Arts.
«Questo lavoro — racconta — nasce da una sola immagine: quella di un’anziana madre che fa il bagno a un figlio adulto, ma non autonomo perché malato. Volevo che dal corto trasparissero l’amore, la disperazione e il senso di abbandono che questa scena evoca». Di qui la scelta di ricorrere ad atmosfere cupe e desolate, vittoriane, inusuali nel colorato cinema hollywoodiano e dunque un’ottima business card per permettere al regista di distinguersi e di dedicarsi al suo primo lungometraggio: Medeas (2013), una pastorale americana imponente ed impietosa, raccontata con gli occhi di una moglie sorda e fedifraga, interpretata dall’attrice da Oscar Catalina Sandino Moreno.
Protagonista dell’ultima fatica di Pallaoro, Hannah (2017), è un’altra regina del grande schermo: Charlotte Rampling, la quale, proprio con questo film si è aggiudicata la Coppa Volpi all’ultima Mostra del cinema di Venezia. «Hannah — dice il regista — esplora il tormento interiore di una moglie di provincia, la cui routine va in frantumi a causa dell’arresto del marito. Un’onta che la costringe a rimettersi in gioco, in quegli ambienti domestici ora solo suoi in cui tutto le ricorda un passato condiviso che non tornerà». Una delle caratteristiche di Pallaoro è infatti proprio quella di preferire al linguaggio parlato quello del corpo. «Quando scrivo le sceneggiature — assicura — sono quasi maniacale. Decido se il protagonista deve sbattere le palpebre o grattarsi il collo, ma cerco anche di lasciare un po’ di spazio all’improvvisazione, perché i personaggi diventano veri solo quando agli attori viene dato margine per essere se stessi».
Una piccola licenza poetica dunque, come quella che normalmente si prende il regista per inserire nei suoi lavori degli spezzoni di canzoni italiane. «Possono sembrare interferenze — dice — ma io sono nato qui e quando immagino un film non posso evitare di fare riferimento alle emozioni che ho provato durante l’infanzia. Perciò il Trentino farà sempre parte del mio sguardo sul mondo». Hannah, proiettato stasera alle 21 al Cinema Astra in anteprima, uscirà nelle sale il 15 febbraio.
Il regista Il Trentino farà sempre parte del mio sguardo sul mondo Quando scrivo le sceneggiature sono maniacale. Decido ogni dettaglio