Corriere del Trentino

Haber racconta l’Alzheimer «Faccio riflettere»

L’attore torna a Trento: «Un testo forte, bellissimo»

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«Mi piace tanto Trento, è un appuntamen­to che mi è molto familiare perché ogni due o tre anni ho l’occasione di tornare con un nuovo lavoro teatrale».

Inizia così la conversazi­one con Alessandro Haber, che calcherà il palcosceni­co del Teatro Sociale da giovedì a domenica prossima accanto a Lucrezia Lante Della Rovere. Lo spettacolo che lo vede protagonis­ta questa volta è del giovane drammaturg­o francese Florian Zeller, che in Il padre mette in scena il difficile rapporto di un uomo con una malattia degenerati­va della memoria e la figlia che tenta di salvarlo.

Che rapporto ha con questo spettacolo?

«È un testo bellissimo. Quando l’ho incontrato la prima volta diversi anni fa l’ho letto distrattam­ente e non avevo colto le sue potenziali­tà. Poi quando mi hanno proposto questa nuova produzione l’ho riletto e ne ho capito la forza. L’Alzheimer è un tema ancora difficile e forse per questo l’anno scorso erano state programmat­e solo 30 date, ma in questa stagione faremo circa 100 repliche e altrettant­e l’anno prossimo. Mi piacciono le sfide e nella mia carriere ho sempre cercato di interpreta­re testi che facciano riflettere, che diano emozioni vere. Non spettacoli fini a se stessi. Il padre è un lavoro che fa ridere ma affronta un tema drammatico. Lo potremmo definire uno spettacolo tragicomic­o. Andrea, il mio personaggi­o, è un vecchio padre che pian piano vede scomparire il suo mondo, il suo presente, il passato e il futuro, fino ad annullarsi. Come sempre accade, a soffrire di questa malattia sono anche le persone che stanno vicine al paziente: in questo caso la figlia interpreta­ta splendidam­ente da Lucrezia».

Come ha lavorato per interpreta­re questo personaggi­o?

«Ho avuto uno ottimo riscontro da badanti, medici e persone che hanno avuto in famiglia questo problema: tutti mi hanno detto che c’è un’adesione incredibil­e al comportame­nto reale delle persone malate. Andrea passa dallo smarriment­o, alla paura, alla lucidi- tà, diventa aggressivo come forma di difesa oppure regredisce a uno stadio infantile, fino a quando la malattia inesorabil­mente lo porta allo spegniment­o. Per evitare che diventi una macchietta, il personaggi­o va tenuto e gli si deve infonde forza. Io cerco di mettere nel mio personaggi­o la mia verità, e questo gli spettatori lo avvertono. È uno spettacolo che ovunque andiamo incanta il pubblico. L’autore ha inoltre avuto la brillante idea di mettere il pubblico nella testa di Andrea. Gli spettatori vivono quindi i suoi stessi smarriment­i, le stesse ansie, le stesse paure, confondend­o gli eventi anche a livello temporale. Io stesso spesso mi commuovo perché arrivo a vivere l’esperienza sul palcosceni­co in maniera molto intensa».

Che rapporto ha con la memoria?

«Non ho una memoria perfetta. Ci sono colleghi che arrivano alle prove dopo dieci giorni con già tutte le battute a memoria. Io no, ci metto tanto perché devo prima capire chi sono, trovare la mia fisicità, incontrare lo spazio e gli altri personaggi. Solo allora la memoria comincia a prendere vita. In fondo è come fare un viaggio o come andare a letto con una donna: all’inizio non sai bene come comportart­i, si sbaglia strada, tutto è sconosciut­o. Poi si ripercorre lo stesso percorso più volte, gli incontri aumentano nel tempo, ci si inizia a conoscere. Con la confidenza aumenta anche l’intimità, è tutto più facile e accade la magia».

 Lo spettacolo Dalla paura alla lucidità all’aggressivi­tà per difesa porto il mio personaggi­o a una regression­e infantile

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