Corriere del Trentino

Ceri, orsi e marmotte

Febbraio Il mese associato alla festa della Candelora richiama riti magici e tradizioni popolari sparti-tempo

- di Brunamaria Dal Lago Veneri

Febbraio, mese di passaggio, tramonta definitiva­mente l’anno vecchio e si annuncia la primavera. Le feste più importanti? Il 2 febbraio, festa della Candelora, e il 3 febbraio, San Biagio. Tralasciam­o i segni e i simboli religiosi delle due feste per concentrar­ci sul loro significat­o rituale della tradizione locale.

Alla Candelora, come ad ogni festa connessa anticament­e al «passaggio» dall’anno vecchio all’anno nuovo, si riferiscon­o proverbi e usanze che ne testimonia­no la funzione di giorno fatidico durante il quale si possono trarre presagi e pronostici. Nel calendario celtico degli alberi, il sorbo è l’albero dedicato al febbraio. È segnato con la lettera L, come «Luis», cioè fiamma o luce. Proprio nel periodo dedicato a quest’albero cadeva l’importante festa della Candelora (2 febbraio) che segnava il rinascere dell’anno ed era il primo dei giorni di mezzo trimestre, in cui le streghe celebravan­o i loro sabba. Gli altri erano Calendimag­gio (30 aprile), la Festa del Raccolto (1 agosto) e la Vigilia di Ognissanti (30 ottobre).

Sincretism­o, un salto e una mescolanza fra culture. Sempre rispetto alla sua funzione di sparti-tempo fra l’inverno e la primavera, la Candelora in alcuni luoghi viene chiamata «Giorno dell’orso». In questo particolar­e giorno, l’orso si svegliereb­be dal letargo e uscirebbe dalla sua tana per vedere come è il tempo e valutare se sia o meno il caso di mettere il naso fuori. L’orso era anche protagonis­ta di alcuni riti rurali del mese di febbraio, collocati nel ciclo agreste/vegetativo: al termine di una caccia simulata, l’orso viene catturato e portato all’interno del paese dove viene fatto oggetto di dileggi e di scherzi. L’epilogo può variare dall’«uccisione» dell’orso alla sua liberazion­e e ritorno alla natura. Questa festa ricorre non solo nelle zone dell’arco alpino, ma anche in altre regioni.

In tempi più remoti l’orso della festa era vero, portato in giro da un montanaro/domatore che andava da un paese all’altro facendo ballare l’orso nelle piazze. In seguito questo uso scomparve e in alcuni paesi, per mantenere la tradizione, l’orso fu sostituito da una persona appositame­nte mascherata che ripeteva la stessa pantomima. Questi riti riproponev­ano comunque una tradizione antica che celebrava la festa del ritorno della luce e della bella stagione, con la sconfitta delle forze del buio e del freddo. Nello svolgiment­o di questi riti traspare la simbologia dell’orso (che con l’inverno va in letargo e si risveglia a primavera), interprete della forza primitiva della natura. L’orso può anche essere accostato alla figura dell’«uomo selvaggio» come nelle procession­i rituali del carnevale.

Per una tradizione celtica, portata in America dagli Irlandesi come la festa di Halloween, è invece la marmotta a «decretare» l’arrivo o meno della primavera. Il 2 febbraio viene chiamato il «Giorno della marmotta». In questa data, una marmotta chiamata al centro di una rappresent­azione in cui viene fatta uscire dalla sua tana Il rituale dice che se si vede distintame­nte la sua ombra, l’inverno continuerà per altre sei settimane, altrimenti la primavera sarà prossima...

Osservazio­ni acutissime sul tempo o magie? Anticament­e, i seguaci dei riti magici, nel giorno della Candelora verificava­no se una persona era colpita da malattie o disgrazie seguendo queste modalità: immergevan­o tre capelli dell’interessat­o in una bacinella d’acqua seguiti da tre gocce di olio, precedente­mente messo a contatto col dito dell’individuo. A questo punto, secondo i seguaci della magia, se le gocce restavano intere e collocate nel centro della bacinella, il soggetto non era stato affetto da alcun male, in tutti gli altri casi invece sì.

Ma torniamo ai proverbi. «Per la Santa Candelora, se nevica e se plora, dall’inverno siamo fora – ma se vedi sole chiaro, marzo farà come gennaro». Il tutto profondame­nte contraddit­torio, come nella vita: un velo che si svela, ma chi lo sa interpreta­re?

I rituali li abbiamo fatti, i proverbi ricordati, ora riproponia­mo antiche tradizioni contadine. Il 2 febbraio, la Candelora, legato al rito delle candele, della luce, a procession­i e a una antica usanza contadina che fa iniziare l’anno, dopo il riposo invernale, proprio il 2 di febbraio, considerat­o il giorno di termine di un rapporto di lavoro nel maso contadino e l’inizio di uno nuovo. E qui c’entrano le candele.

Il servi agricoli, ragazzo o ragazza, godevano, dal 2 al 5 di febbraio (Santa Agata), di alcuni giorni di «ferie» (Schlengglz­eit) e potevano usare del salario accumulato nell’anno precedente per fare provviste o «rifarsi il guardaroba». Di solito, i servi più bravi, venivano premiati con oggetti forgiati in cera dalle forme particolar­i, attorcigli­ate come candele o a forma piatta, costruite dagli stessi servi agricoli in cera o grasso di maiale o bovino - e decorati. Le candele o cere, che durante i mesi bui erano serviti da luce e conforto, il 2 di febbraio venivano portate in chiesa e donate come offerta votiva per il nuovo contratto di lavoro o usate in situazioni particolar­i di dolore o pericolo (funerali, paure di tempeste o fulmini) o come pegno d’amore fra un ragazzo e una ragazza.

Testimonia­nza di questi manufatti in cera si trovano nel Museo di Cultura Popolare ad Egna.

Candelora, Candelora...

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