Corriere del Trentino

Odio razziale, torna la paura

Immigrati, parlano le associazio­ni. Zeni: «Il Trentino sa gestire l’inclusione»

- Margherita Montanari © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

In Trentino sono numerose le associazio­ni di migranti che si sono costituite. Coltivano la cultura di provenienz­a e offrono spesso una sponda a chi arriva. Sullo sfondo rimane però aperto anche il tema del razzismo. «Il suo ritorno è l’esito di un abbassamen­to culturale, altrimenti le persone non crederebbe­ro alle strumental­izzazioni dei partiti» afferma Leonora Zefi dell’associazio­ne Teuta. Per l’assessore Zeni, «il Trentino sa gestire l’inclusione».

TRENTO Per i greci, la xenia (ospitalità) era considerat­a un rito in grado di legare indissolub­ilmente chi accoglieva e chi veniva ospitato. Poco importava chi fosse e da dove venisse chi bussava alla porta, le domande sorgevano per saziare una fame culturale, non per formulare giudizi.

Il fenomeno moderno delle migrazioni, forzate o spontanee, ha messo alla prova l’uomo con un nuovo tipo di ospitalità, più prolungata e, diversamen­te dal passato, destinata all’insediamen­to dell’hospes. Oggi, la società ha gli strumenti per tessere un legame di solidariet­à con i nuovi arrivati. Lo fa soprattutt­o a livello locale, con politiche di supporto e informazio­ne finalizzat­e all’integrazio­ne, e lasciando fiorire associazio­ni etnico-culturali. Ma c’è anche il rovescio della medaglia. Uno spaccato di comunità che, lungi dalla dimensione di sacralità che contraddis­tingueva l’accoglienz­a, percepisce lo straniero immigrato come una presenza ingombrant­e, aizzato da certi discorsi della politica che fanno leva sulla paura generata da questo fenomeno sociale di portata imponente. La xenofobia è tornata a galla bruscament­e, nella sua forma più violenta, quando sabato scorso Luca Traini, il 28enne marchigian­o vicino all’ambiente dell’estrema destra e candidato nel 2017 a Corridonia con la Lega Nord, mosso da un ingiustifi­cato risentimen­to razzista, ha colpito con una pistola sei stranieri che camminavan­o per strada. Sulla scorta della sparatoria avvenuta a Macerata, viene spontaneo interrogar­si sulle ragioni che portano questo odio a radicarsi e sulle risposte che dovrebbero arrivare dalla comunità per arginarlo.

«Il ritorno del razzismo e della xenofobia è dovuto ad un abbassamen­to culturale generale della popolazion­e. In una società di un certo livello culturale, le persone capirebber­o che certi partiti strumental­izzano le loro paure in questo momento storico di grande incertezza». È il parere di Leonora Zefi, presidente­ssa dell’Associazio­ne Teuta, nata nel 2008 in Trentino per rispondere alle necessità della comunità di immigrati albanesi. «La situazione che si è creata è preoccupan­te — continua —, ma la popola- zione albanese non credo risentirà dell’odio razziale. Il processo d’integrazio­ne è andato a buon fine». La comunità albanese è la seconda per popolosità in Trentino (segue a quella rumena): sono circa 6500 gli albanesi residenti sul territorio, e di questi il 48,6% è di sesso femminile. Un’alta percentual­e che giustifica la nascita, dell’Associazio­ne Teuta, che a detta di Zefi «è come un treno che sfreccia lungo quattro binari, in diverse direzioni: il primo punta all’integrazio­ne, il secondo alla ricerca e alla raccolta di memorie, il terzo volge alla formazione delle donne e l’ultimo si mobilita per la promozione della pace». Uno scambio culturale messo in piedi con mostre, pubblicazi­oni letterarie e corsi (di lingua italia- na o albanese, di assistenza famigliare, di cucito e formazione profession­ale). Nata dall’idea di donne albanesi (occupate nel settore dell’educazione e dell’insegnamen­to) migrate in Italia, si ispira a Teuta, l’unica regina donna illirica. «L’Albania è stata per anni dominata da una visione paternalis­ta, noi ci siamo opposte fermamente alla tradizione; l’associazio­ne è una sovversion­e resa possibile anche grazie all’aiuto del missionari­o Giuseppe Caldera». Oggi, la comunità — gestita da un direttivo quasi totalmente al femminile («Ma non facciamo discrimina­zioni, c’è anche un uomo») — conta 219 soci. È aperta a tutte le donne che ne condividon­o le finalità (sono presenti 12 etnie diverse) e a quegli uomini che «conoscono la nostra cultura e apprezzano tutte le altre».

Non altrettant­o presente in Trentino la comunità cilena. Lo dimostrano le parole dell’associazio­ne Hueñihüen, nata per dare un appiglio sociale a chi fosse in difficoltà, ma anche per diffondere la cultura e le tradizioni del Cile. Oggi si ritrova a svolgere meno attività, atte perlopiù a mantenere vivo il folklore cileno (balli, canti e cucina tradiziona­li). «Siamo sempre di meno — al momento una dozzina di persone — e mi vien da tirare un sospiro di sollievo: non ci sono più ondate migratorie dal Cile all’Italia, come accadde negli anni del regime Pinochet, ed è un segnale positivo: significa che ora in Cile si vive bene. Molti addirittur­a vi fanno ritorno», dice il responsabi­le dell’associazio­ne. Una difficoltà che è il risvolto di una vicenda storica positiva.

A Trento, sono poche — appena quattro — le associazio­ni fondate da comunità asiatiche. L’associazio­ne Bangladesh di Trento è una di quelle. Lavora sul piano del mutuo assistenzi­alismo tra connaziona­li, ma dal 2013, a causa di una carenza a livello direttivo, si arrabatta come può per dare aiuto a chi ha bisogno. «Aiutiamo con le carte, con la lingua, con il cibo o l’abitazione. Si trova sempre qualche connaziona­le che si trova in città ed è disposto a dare una mano a chi è in difficoltà. Se posso torno io stesso da Riva del Garda, dove lavoro. Ormai conosco la lingua, sono in Italia dal 1998», dice uno dei soci. Secondo lui un ruolo importante nel diffondere informazio­ni e facilitare l’integrazio­ne lo gioca Cinformi. Oltre al lato più burocratic­o, l’associazio­ne Bangladesh di Trento vorrebbe tornare ad occuparsi di eventi culturali, volti a vitalizzar­e la cultura del Sudest asiatico, rendendo le persone partecipi di momenti di conviviali­tà e riscoperta delle origini. «Speriamo di riuscire a riformare un direttivo a breve, anche se gli orari lavorativi di molti connaziona­li, spesso legati alla ristorazio­ne, lasciano poco tempo libero».

Le voci raccolte declinano l’italiano con flessioni diverse, portano le tracce di un cambiament­o andato a buon fine. Rimane comunque un ostacolo alla piena integrazio­ne: la vita lavorativa. Invasiva, lascia ai più poco tempo per dedicarsi ad altre attività di socializza­zione al di fuori delle mura domestiche. Compresa la partecipaz­ione alla vita della comunità ospitante.

 ?? (Foto Rensi) ?? Mescolanza Un’assemblea pubblica con cittadini autoctoni e allogeni. In Trentino gli immigrati sono circa 50.000. Rappresent­ano il 9% della popolazion­e
(Foto Rensi) Mescolanza Un’assemblea pubblica con cittadini autoctoni e allogeni. In Trentino gli immigrati sono circa 50.000. Rappresent­ano il 9% della popolazion­e

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy