Matthias Sieff, l’essenzialità conquista l’arte
Le figure antropomorfe create dallo scultore di Campitello di Fassa «I miei personaggi nati dalla fantasia e dagli studi sull’anatomia»
Quando si parla di Matthias Sieff, audace artista di Fassa, subito tornano alla mente le sue figure antropomorfe, i suoi corpi colmi di forza, vitalità espressiva e «peso», sculture monolitiche che rievocano immobili tratti di antiche memorie stilistiche. Nato a Cavalese il 22 aprile 1982 e residente a Mazzin, tra le Dolomiti della val di Fassa, Matthias celebra una carriera colma di successi e grandi sacrifici: dopo aver conseguito il diploma di maestro d’arte alla scuola d’arte di Pozza (dove è professore di discipline plastiche), ha ottenuto il diploma di laurea di scultore del legno a Selva di val Gardena ma per ampliare i suoi orizzonti creativi ha conseguito la laurea in arti applicate a Vienna.
Una raffinata ricerca artistica, che ha poi trovato radici nella sua personalità, dove equilibrio, fantasia e sperimentazione si affacciano a un mondo fatto di corpi inseriti sapientemente nello spazio, creando essi stessi una loro «spazialità». Ogni figura nasce e cresce nel suo studio a Campitello e presenta una costruzione basata sull’incrocio di assi orizzontali e verticali e, talvolta, per evidenziare una maggiore assialità orizzontale, le figure vengono rappresentate con le braccia aperte. Modellini lignei preliminari in miniatura danno vita a sculture di varie dimensioni.
Quali sono stati i passaggi da superare tra l’imprintig stilistico accademico e la sua interpretazione delle forme?
«Per passare la barriera tradizionalistica dolomitica, con un imprinting piuttosto unilaterale, ho voluto ampliare la mia conoscenza andando a Vienna. In quegli anni di università delle arti applicate ho avuto una svolta nella mia visione artistica; Vienna mi ha aiutato ad oltrepassare la barriera che delimitava gli orizzonti stilistici personali, dettati dall’arte lignea locale, in ogni caso fondamentale per arrivare ad un certo grado di plasticità tecnica, ma avevo bisogno di esprimere me stesso appieno. Dalla mescolanza tra Sieff prima dell’accademia viennese e dopo, ha preso vita il Sieff di oggi, in continua evoluzione».
La sua ricerca artistica si basa sullo studio del corpo femminile e maschile ed è caratterizzata da un’interpretazione forte e personale di personaggi asessuati, ma colmi di significati antropologici e culturali. Le figure, erette, hanno capi leggermente girati verso l’alto, un torace voluminoso sorretto dalle gambe forti e da piedi enormi, e spesso non presentano le braccia, perché tutto ciò che devono dire è l’essenziale. Come nasce questa interpretazione delle figure?
«I miei personaggi sono nati dalla mia fantasia e dai miei studi sull’anatomia, oggi mie opere suscitano diversi sentimenti in chi li osserva: dallo stupore, alla perplessità fino ad arrivare alla meraviglia. Ma è un bene, l’arte ha un suo giudizio soggettivo individuale, può piacere o meno, di certo però le mie sculture non lasciano indifferenti, tutti le osservano, e questo mi dà soddisfazione».
Ritrae figure molto statiche e stabili, caratterizzate da una costruzione dove ogni elemento sorregge ed è sorretto, così come un edificio, costruito piano su piano e tutte inserite su un piedistallo di un certo volume. Questo per differenziare maggiormente la loro identità e plasticità scultorea o per delineare una ricerca estetica delle opere?
«Attualmente sto rielaborando le mie forme e sto sviluppando l’idea di basamenti in Cor-Ten, un acciaio dall’elevata resistenza corrosiva e meccanica, che rendono maggiormente stabilità alle mie sculture, che oggi sono di dimensioni più contenute, inserite in un loro spazio rappresentativo. La problematica delle forme corporee è importante per me, poiché la raffigurazione del corpo deve oltrepassare le proporzioni e, le forme, devono essere sempre in simbiosi tra loro, semplificate e geometrizzate, pur rimanendo sempre organiche e trovando sempre quella giusta tensione emozionale».
Per una più efficace rappresentazione stilistica utilizza materiali che danno una spiccata durabilità nel tempo, come il legno di tiglio. Da cosa nasce questa indagine?
«È il materiale che prediligo, un legno morbido, essenziale, senza nodi, pulito, puro e liscio per natura, utile per i lavori di superficie e le cromature di colore coprenti e brillanti, così che anche la superficie esterna possa assumere la sua importanza, quasi fosse un abito».
Progetti all’orizzonte?
«Sono impegnato su più fronti: in primavera avrò una mostra personale a Pergine, presso la nuova galleria d’arte Contempo; in espansione; mentre la prossima estate, per due settimane, sono stato invitato a Zurigo, per partecipare ad un “workshop en plein air” insieme a diversi artisti di livello internazionale».