«Un piano strutturale per il lavoro è la soluzione contro le povertà e per il recupero dell’autonomia»
TRENTO Roberto Calzà è il direttore della Caritas trentina, struttura che stando all’ultimo report pubblicato, quello 2016, in un anno ha incontrato 2.948 persone nei 15 centri d’ascolto strutturati in provincia. Tra queste 1.890 i cittadini europei, di cui 1.141 italiani, 1.174 dall’Africa, 328 dall’Asia, 81 dalle Americhe. Sono 21.030 le richieste d’aiuto raccolte negli ambiti più svariati: alimenti, accompagnamento a servizi, formazione, accoglienza temporanea, microcredito.
Calzà, su cosa dovrebbero intervenire gli eletti per supportare il lavoro degli operatori sociali?
«C’è una novità importante da cui ripartire ed è il reddito di inclusione, che ha rappresentato un passo importante, frutto anche dell’impegno di Caritas e altre organizzazioni solidali. Credo che questo strumento non solo vada difeso, ma sviluppato e potenziato. Certo, da solo non basta»
Con cosa andrebbe affiancato?
«Con un piano strutturato di lotta alle povertà, che va legato alla questione centrale: il lavoro. Una quota importante di povertà è legata alla perdita dell’occupazione, alle incertezze delle precarietà. E dentro a questo problema ci sono le fasce più diverse. Ci sono il professionista e il manovale. Ci sono l’italiano e lo straniero. Tutti accomunati da una condizione di difficoltà da cui uscire, riconquistando autonomia attraverso il lavoro»
C’è chi dice prima gli italiani
«Dividere i poveri, non aiuta a risolvere i problemi. Serve un approccio complessivo, costruito sulla conoscenza delle questioni, non limitato ad aiuti economici. Basta poco, per tutti, per cadere in difficoltà, magari sul pagamento del mutuo sulla casa, e la priorità è il ritorno al lavoro, come chiave per l’autonomia. A volte le reti familiari attutiscono il colpo, con i nonni a fare da ammortizzatori sociali. Ma, ripeto, serve, un approccio complessivo e lungimirante. Chi pensa di dover aiutare solo chi gli sembra più vicino, manca di lungimiranza»
Integrazione, che fare?
«La pianificazione, anche degli spazi urbanistici, è cruciale. Per costruire una comunità coesa, servono spazi condivisi di socializzazione. Chi si incontra e condivide, è più facile possa superare le incomprensioni. Viceversa, se si creano ghetti e divisioni, la partita si complica».
Sostegno Chi pensa di aiutare solo chi gli è più vicino dimostra sguardo corto