Malattie, prevenzione, benessere: ecco il distretto biotech
La scoperta della proteina che cura il dna attira investimenti e convince la giunta a rilanciare
Gli investitori si sono già fatti avanti: la nuova proteina capace di correggere gli errori nel dna sviluppata al Cibio di Trento fa gola per le sue potenzialmente innumerevoli applicazioni mediche. La giunta, però, vuole che la scopera sia sviluppata in Trentino e lancia l’idea del distretto delle biotecnologie.
TRENTO Grossi investitori alle porte e la Provincia pronta a stanziare nuove risorse per la nascita, in Trentino, di un distretto delle biotecnologie. A meno di dieci giorni dall’annuncio della scoperta di EvoCas9 — la proteina riparatrice del dna sviluppata al Cibio di Trento — le ricadute industriali della ricerca appaiono già dietro l’angolo.
In Trentino, un certo gusto per l’autocelebrazione non manca. In questo caso, però, non è retorica definire storica la scoperta del team guidato da Anna Cereseto (Giulia Maule, Claudia Montagna, Antonio Casini e Gianluca Petris). EvoCas9 è figlia di Cas9, la proteina sviluppata a Berkley e al Mit di Boston nel 2012, capace di intervenire su una porzione di dna malato eliminandola. Scoperta straordinaria nel mondo della ricerca, che però ad oggi non ha potuto aiutare nessun malato perché, come sintetizza il rettore Paolo Collini «Cas9 è come una spingarda a pallettoni, che colpisce sì il dna malato, ma anche quello sano». L’eccezionalità di EvoCas9 è quella di intervenire sul dna malato senza danneggiare quello sano. Le possibili applicazioni cliniche sono moltissime: tumori, fibrosi, distrofie, anemie, epilessia, Una speranza di cura definitiva per milioni di persone nel mondo. D’obbligo restare con i piedi per terra: le terapie non saranno sviluppate domani. «Purtroppo — spiega Cereseto — non è possibile dare tempi certi. Parliamo di anni». Prima si parte, quindi, e meglio è. «La domanda per il brevetto — spiega la ricercatrice — è già stata depositata, la proprietà è quindi già dell’Università di Trento». Gli investitori interessati a sviluppare la scoperta e trarne profitto non si sono fatti attendere. «Siamo già in contatto con importanti aziende che, però, hanno chiesto riservatezza» fa sapere Cereseto. «Nemmeno a me hanno voluto dire di più» scherza Ugo Rossi, che ieri ha fatto gli onori di casa durante la tradizionale conferenza stampa di giunta. Una scelta non casuale: Anna Cereseto e il direttore di Cibio, Alessandro Quattrone, in mattinata sono stati auditi dalla giunta per capire cosa fare. «Solo in Trentino — assicura Quattrone — poteva accadere, dato lo stato del finanziamento della ricerca in Italia. Al Cibio i ricercatori hanno a disposizione delle infrastrutture tecnologiche all’altezza. Può sembrare scontato, ma non lo è. Ora il salto di qualità sarà creare una vera e propria industria biotech. Non solo un’industria della malattia, ma anche della prevenzione e del benessere». Di questo si è parlato in giunta. «Ci siamo presi tre impegni — riferisce Rossi — Il primo è continuare a dotare il centro di tecnologie di altissimo livello. Con la manovra, abbiamo destinato 5 milioni al Cibio, altri 2 arriveranno con l’assestamento. Il secondo impegno è verificare la fattibilità di un distretto del biotech, un luogo in cui fare ricerca e applicarla. Il terzo apportare delle modifiche legislative alla legge 6 (contributi alle imprese, ndr) per sostenere il settore». L’idea di Provincia, Università e Cibio è di non limitarsi a monetizzare la scoperta attraverso i diritti sul brevetto. «Gli investimenti privati e la valorizzazione sul territorio — assicura il governatore — non sono soluzioni alternative». «L’importante — tiene a sottolineare Cereseto — è che si continui a finanziare la ricerca di base», quella che una parte consistente della politica vede come un inutile spreco di risorse, ma che ha prodotto EvoCas9. Tra gli ostacoli che dovrà superare la neonata proteina ci sono quelli etici: se il dna può essere riparato, in linea teorica può essere anche «migliorato». «È molto più facile — garantisce Quattrone — curare una malattia che, poniamo, migliorare un temperamento». Gli antipatici, insomma, continueranno a nascere. Più facile pensare alle piante, magari con l’istituto Mach. «Ma nulla a che vedere con gli ogm» rassicura Quattrone.
Cereseto Purtroppo non è possibile dare tempi certi per le applicazioni cliniche