Nascite: Trento crolla, Bolzano tiene
Istat, diffuso il rapporto demografico. Una conferma: le donne trentine vivono di più
Sono dati impietosi quelli diffusi ieri dall’Istat sulle nascite in Italia. I numeri certificano un crollo verticale a livello nazionale, con Trento che supera la media e quasi triplica il dato di Bolzano, rispettivamente a -2,2% e -0,8%. «Vent’anni di scelte politiche sbagliate ci hanno portato a questa situazione» è il commento al trend nazionale della docente di Demografia Patrizia Farina. «Ci sarebbero politiche adottabili per far salire il dato» aggiunge.
«Vent’anni di scelte politiche sbagliate ci hanno portato a questa situazione». A commentare così gli indicatori demografici Istat è Patrizia Farina, professore associato di Demografia all’Università Bicocca di Milano. Calo delle nascite, decrescita della popolazione nazionale e record di longevità per le donne trentine sono infatti i dati che saltano all’occhio analizzando il report annuale per l’anno 2017. Si stima infatti che in Italia nel 2017 siano venuti al mondo 464.000 bambini, il 2% in meno rispetto al 2016 quando se ne contarono 473.000. Ne consegue, pertanto, che il precedente record di minimo storico dall’Unità d’Italia risulti battuto.
Pochi nati
Entrando nelle dinamiche regionali è visibile una marcata differenza tra le due provincie, con Trento che supera la media nazionale e quasi triplica il dato di Bolzano sul tema della natalità (rispettivamente - 2,2% e - 0,8%).
«Il calo delle nascite dipende dalla struttura per età. Le generazioni in età produttiva sono sempre meno e così vengono a mancare le coppie titolate a riprodursi» afferma Farina ribadendo che «la situazione che stiamo vivendo è un’eredità del passato. La fecondità è inferiore ai 2 figli per donna ma ci sarebbero politiche adottabili perché questo dato salga».
Popolazione su
Se è vero che la popolazione nazionale diminuisce, quella regionale in compenso aumenta sensibilmente. L’incremento relativo più consistente è quello ottenuto nella Provincia di Bolzano (+ 7,1 per mille) mentre a Trento non si va oltre al + 2 per mille. Dal rapporto Istat si evince inoltre come la mortalità generale sia aumentata in tutte le regioni con un + 0,2 per la Provincia di Bolzano e un + 0,1 (per mille) per quella di Trento.
In un periodo in cui il tema immigrazione invade spesso il dibattito politico, salta all’occhio come tra le regioni del nord che accolgono più immigrati, il massimo si riscontra nella provincia di Bolzano che registra un 7,8 per mille contro il 6,6 di Trento.
Longevità
Record tutto trentino per quanto riguarda invece la durata della vita del gentil sesso. In media le donne trentine vivono 86,3 anni, 3 anni in più delle campane e con uno scostamento minimo dal dato bolzanino (86,2 anni di vita media). Altro elemento, questo, che demarca come il Paese sia sempre più vecchio con una percentuale di giovani inferiori ai 15 anni che raggiunge solo il 13,4% contro il 64,1% della fascia 15-64. «Questo porta ad una forte penalizzazione delle giovani generazioni» continua la professoressa associata della Bicocca di Milano. «Le generazioni che contribuiscono al welfare sono sempre meno ma il numero degli anziani che ne usufruisce è sempre maggiore. Il welfare vacilla non tanto perché le persone in età senile sono numerose, ma perché non vi è un equilibrio con i giovani contributori. Tra dieci anni ci sarà un vero disastro sotto questo punto di vista».
La strategia
Diverse le politiche adottate negli scorsi anni per porre rimedio al problema ma nessuna di queste sembra abbia portato benefici.
«Gli interventi, una volta adottati, porterebbero i loro frutti tra venti-trent’anni e questo non rientra in una logica utilitarista del politico. Promesse e soldi senza un’accurato studio non portano risultati. Dovremmo innanzitutto chiederci come si costruisce il desiderio di fare figli. Accertare se vi sia una fascia della popolazione non interessata ad avere figli, permetterebbe di virare le risorse su quella parte della società che intende mettere al mondo dei bambini. In tal modo si aumenterebbe l’efficacia delle politiche in questione». La demografa sostiene dunque che «si dovrebbe spostare il problema dalla famiglia al sistema, concentrando gli sforzi sull’aumentare il numero dei figli indipendentemente dal numero delle famiglie. Altra questione da esaminare per affrontare il problema del calo delle nascite è quella di ridurre l’inconciliabilità tra la partecipazione al mondo del lavoro e l’essere madri. Altrimenti diventa troppo impegnativo far coincidere le due cose». «C’è bisogno di uno scatto culturale», continua Farina, «adottando campagne importanti su entrambi i genitori e non concentrarsi solo sulla figura femminile».
Le soluzioni dunque esistono, serve coraggio per adottarle e pazienza per vederne i risultati.
Demografa Bisogna accertare se esiste una parte di società non interessata ad avere figli e riallocare le risorse