Piano laureati, imprese schierate con l’università
Busato, Bort, Segatta: mano tesa al rettore
Le categorie dicono «sì» alla proposta di una sperimentazione sulla formazione terziaria professionalizzante, lanciata dal rettore dell’università Paolo Collini per affrontare il tema dei pochi laureati trentini. «Noi ci siamo, servono competenze trasversali» è la mano tesa di Confindustria attraverso il suo direttore Busato. Disponibile al dialogo è anche Gianni Bort (Unione), così come il presidente degli Artigiani Marco Segatta. Promuove la proposta anche Lorenzo Pomini (Cisl), che però stimola le imprese: «Devono offrire ai giovani un lavoro in linea con il titolo di studio».
TRENTO Il via libera è praticamente unanime. Alla proposta lanciata da Paolo Collini durante l’inaugurazione dell’anno accademico per cercare di risolvere il problema dei pochi laureati trentini — «Ci sono le condizioni per tentare una sperimentazione per la formazione terziaria professionalizzante» ha detto il rettore — le categorie non si fanno trovare impreparate. E aprono la strada a un confronto su un progetto che, dicono, «può essere approfondito».
«Noi ci siamo, ben volentieri» sottolinea convinto Roberto Busato, direttore generale di Confindustria. Che non ha dubbi: «Accettiamo l’invito lanciato da Collini». Anche perché, prosegue il direttore di Palazzo Stella, la collaborazione tra Confindustria e ateneo trentino è già realtà. E ha portato, in questi anni, a risultati concreti. «Per quanto riguarda il corso di Meccatronica — ricorda Busato — abbiamo dialogato con l’università di Trento per l’elaborazione di un piano di studi più vicino ai bisogni delle aziende». Un percorso che, allora, era stato portato avanti da un gruppo misto formato da docenti universitari e manager trentini. E che aveva dato buoni frutti.
Da questa base, secondo il direttore di Confindustria, si può partire per sviluppare la prospettiva indicata da Collini. Tenendo presente, tra l’altro, il sostegno già garantito dalla Provincia. «Ben vengano — riprende Busato — i percorsi maggiormente professionalizzanti, per continuare una direzione già avviata». E portata avanti anche nell’alternanza scuola-lavoro. Con uno slancio in più: si guarda, infatti, all’incremento dei giovani trentini decisi ad arrivare alla laurea. «Nell’ottica delle nuove specializzazioni che servono alle imprese 4.0 — fa notare ancora il manager — è chiaro che è importante muoversi per un aumento del numero di laureati. Alle aziende servono sempre di più delle competenze trasversali. E un laureato può rispondere meglio a questi requisiti».
Tende la mano al rettore anche Gianni Bort. «Certo — premette il presidente dell’Unione commercio e turismo — prima di dare un giudizio sarebbe bello avere qualche dettaglio in più sul progetto. Ma l’idea di creare un momento ulteriore di professionalizzazione è positivo». Bort lo definisce «livello intermedio» tra diploma e laurea. E lo promuove: «Tutto ciò che aiuta a formare futuri lavoratori e imprenditori ci va bene. Ben venga». Una soluzione, tra l’altro, che potrebbe risolvere gli stessi nodi dell’Unione: «Per quanto ci riguarda, facciamo fatica a trovare laureati in informatica».
Sulla stessa linea anche Marco Segatta. «Sicuramente — osserva il presidente degli Artigiani — il futuro ha bisogno di lavoratori super-specializzati». Non solo nell’industria: «Anche l’evoluzione dell’artigianato richiede competenze specifiche». In questo quadro, precisa Segatta, già molto fa la formazione professionale: «Chi esce da quei percorsi nell’80-90% dei casi ha il lavoro assicurato». Ma uno sforzo in più «aiuta sicuramente»: «C’è bisogno di figure con un certo livello di specializzazione».
Accoglie la proposta di Collini infine anche Lorenzo Pomini. Rilanciando però con qualche provocazione. «L’idea — sottolinea il segretario della Cisl — è importante. Ma questa proposta va accompagnata da un patto più largo. Oggi molti giovani trovano inutile studiare, perché poi le offerte di lavoro non sono in linea con gli sforzi. Oppure chi continua va all’estero. Ecco: l’idea di Collini può funzionare se viene affiancata dall’impegno degli imprenditori ad assicurare un’occupazione congrua al titolo di studio. E non precaria». E conclude: «Alle imprese chiedo: sono pronte ad accogliere laureati e a pagarli come tali? Questi sono i veri nodi».