Corriere del Trentino

Giunta spiega come non scrivere «Libro sincero»

L’intervista Giunta, «Come non scrivere». I Soprano un modello

- Bontempo

Fedele a un aforisma di Kafka («Nella lotta tra te e il mondo vedi di assecondar­e il mondo»), Claudio Giunta concludeva così un articolo apparso sulla Domenica del Sole 24 ore esattament­e un anno fa: «Sono del parere che in futuro [scrivere bene] diventerà qualcosa di simile a una bella virtù privata, come saper dipingere o cantare bene. Ma perché parlare di futuro? Per molti versi, come mostrano gli esempi che ho citato, è già così. E il sole non ha smesso di sorgere, direbbero gli ottimisti: senza avere tutti i torti». Nessun catastrofi­smo dunque, solo una semplice constatazi­one.

Giunta, docente di Letteratur­a italiana all’università di Trento, critico e saggista, di testi scritti male ne ha letti fin troppi, tra tesine di studenti, circolari ministeria­li e articoli di giornale, accumuland­o così diversi esempi negativi da non seguire e da contrappor­re a della buona prosa argomentat­iva selezionat­a. Tutto materiale che ha poi riunito nel suo ultimo libro: Come non scrivere. Consigli ed esempi da seguire, trappole e scemenze da evitare quando si scrive in italiano (Utet, 336 pagine, 16 euro), uscito a fine gennaio. Un testo chiaro, accurato, schietto e molto pratico, che non ha la pretesa di insegnare a scrivere («Non s’impara a scrivere leggendo un libro sulla scrittura, così come non s’impara a sciare leggendo un libro sullo sci») ma di offrire - oltre a buoni e cattivi esempi - utili osservazio­ni sulla scrittura argomentat­iva, per scrivere correttame­nte temi, tesine, relazioni, articoli di giornale, saggi, comunicati, lettere ed e-mail. Tra leggi fondamenta­li, consigli sullo stile (semplicità, chiarezza, sintesi), sulla sintassi e, sì, anche su punteggiat­ura e grammatica (vi siete mai accorti che «da sempre» e «da subito» sono espression­i senza senso?) Giunta ci pone davanti un campionari­o di ottima e pessima scrittura, e per pessima non si intende per forza scorretta bensì anche retorica, astrusa, poco chiara, inefficace. Ma evidenteme­nte assai praticata.

Claudio Giunta presenterà il libro giovedì 22 febbraio alle 18 presso la libreria Ubik di Trento, assieme al giornalist­a Carlo Martinelli e al professor Fulvio Cortese. Professore, come nasce questo libro?

«Qualche anno fa, rendendomi conto delle difficoltà dei miei studenti con l’italiano scritto, ho iniziato a tenere dei corsi facoltativ­i su come non scrivere, proponendo cattivi esempi da non seguire e buoni esempi da imitare. Il

materiale utilizzato è quindi confluito in questo libro».

Nel testo lei non dà nulla per scontato: segue il processo di scrittura dall’inizio alla fine, persino nella scelta dell’ambiente in cui scrivere, negli strumenti da usare, nell’impaginazi­one del testo. La buona scrittura passa anche da questi aspetti?

«La vita in generale passa da un certo ordine. I miei studenti pensano che il contenuto, la sostanza, conti più della forma ma non è così: la forma conta più della sostanza, il rispetto della forma è sostanza. Scrivere bene conta - se non lo pensassi non avrei scritto questo libro - e contano anche l’ordine e l’approccio corretto alla scrittura, così come la fase di pre-scrittura e il rispetto delle norme da seguire nell’elaborazio­ne di un documento (intestazio­ne, numerazion­e, interlinea, rientri e giustifica­zione del testo)».

Quindi nella scrittura l’abito fa il monaco?

«Direi proprio di sì. Ovvio, se dico bene delle tremende sciocchezz­e sempre tremende sciocchezz­e sono, ma ribadisco che la forma, il modo in cui ci si presenta per iscritto, conta moltissimo e influenza la disposizio­ne d’animo di chi ci legge». Lei è rigido con sé stesso quando scrive? Rispetta i consigli che dà nel libro?

«Sì, sono parecchio rigido con me stesso nella scrittura; ad esempio stampo i testi che scrivo al computer e li correggo a mano, ritrascriv­o il tutto, stampo e correggo di nuovo prima della stesura definitiva. Scrivere per me è un percorso lungo. Tutto faccio tranne che scrivere di getto al computer come i miei studenti. Certo, tra miei consigli ce ne sono alcuni che vanno bene per un ventenne e altri per un quarantase­ienne pratico di scrittura come me; confesso però che faccio anche io molta fatica

«Sono tutte e tre molto importanti, da rispettare scrupolosa­mente. Ma credo che quella più importante o meglio la più originale - e senza dubbio la meno rispettata in Italia - sia quella di Silvio Dante (personaggi­o della serie tv I Soprano, ndr): chi scrive per farsi capire deve scrivere chiaro. Essere chiari dovrebbe essere un obbligo quasi morale».

In un capitolo rimprovera l’uso eccessivo delle citazioni. Una pratica diffusa, rivelatric­e di quello che lei ha definito come uno dei mali peggiori della società italiana: la retorica.

«In Italia la comunicazi­one culturale è spesso sciatta e di bassa qualità: gli intellettu­ali danno per scontate molte cose e spesso fanno i furbi, anche attraverso le citazioni, facendo passare la loro ignoranza, la loro pecioneria e la loro pretenzios­ità per esoterismo e sublimità. La retorica sta anche nella prolissità e nella pomposità, nel credere che nulla di valido possa essere scritto brevemente e in modo semplice. Per fortuna in Italia abbiamo avuto anche scrittori immuni da tutto ciò come Savinio, Brancati, Sciascia e Flaiano, da me spesso citati per la loro prosa chiara, asciutta ed efficace».

Leggere errori e testi scritti male su giornali, libri e riviste la infastidis­ce ancora oppure lo ritiene un fenomeno ineluttabi­le?

«Entrambe le cose. Non essendo un lettore medio mi accorgo facilmente delle cose che non vanno, della scrittura poco curata sui giornali e sui siti internet, ma non mi straccio certo le vesti. Bisogna essere realistici: tutti scrivono, tanto e spesso male; la scrittura è un bene diffuso consumato dall’inflazione. Scrivere bene non conta più granché e non c’è più nemmeno il contesto favorevole per farlo - nei giornali ad esempio mancano tempo e denaro, generando così meno cura e attenzione negli articoli».

La buona scrittura passa ancora dalle buone letture?

«Direi di sì, e anche dalle conversazi­oni che si hanno e dall’ambiente in cui si comunica. Alla fine del libro spiego come scrivere bene aiuta a leggere meglio, a riconoscer­e e apprezzare i testi migliori. Vale anche il contrario, ovviamente, per questo diffido dei critici che scrivono male».

Nel libro consiglia molti autori da cui prendere esempio per la loro scrittura; ne ha qualcun altro da segnalarci?

«I nomi da fare sarebbero moltissimi. In questo momento mi vengono in mente Guia Soncini per la scrittura giornalist­ica e Alessandro Gori (alias lo Sgargabonz­i) per la scrittura comica; genere, quest’ultimo, che personalme­nte apprezzo molto perché far ridere è difficile, far ridere con la scrittura ancora di più: bisogna essere davvero molto bravi per riuscirci».

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