LA DIFFERENZA INTEGRATA
Il giornalaio, ieri mattina, porgendomi il Corriere della Sera, mi ha detto: «Buone notizie». L’ho ringraziato affermando che sapevo dell’inserto del giornale con quel nome. No, no, è stata la sua replica; la più buona delle notizie ce la porta il felice titolo di testa del Corriere del
Trentino: «Nuovi trentini contro la paura», a proposito del fatto che dal 2008 al 2015 cinquemila stranieri residenti hanno ottenuto la cittadinanza. Allora ho pensato: comincia bene la giornata. E non so scegliere se mi fa stare meglio il contenuto dell’articolo o la soddisfazione convinta del giornalaio. Come diceva il bravissimo e indimenticato maestro Mario Lodi, a proposito delle buone pratiche nella scuola, «c’è speranza se questo accade al Vho», dove Vho era una piccola località vicino a Piadena.
Ogni volta che si smonta un pregiudizio, che riusciamo a cestinare atteggiamenti corrispondenti al famoso detto «Meglio il diavolo che conosci dell’angelo sconosciuto», bisognerebbe fare festa. Non è facile, poiché abbiamo sempre da fare i conti con la paura che ci fa regredire a quando ogni forma di incertezza poteva essere fatale. Il tempo arcaico è sempre con noi e richiede un forte investimento per essere combattuto. Abbiamo trascorso la maggior parte della nostra storia di specie in una condizione nella quale sbagliare a interpretare un’ombra voleva dire rischiare di non essere più vivi entro pochi minuti. Il diverso e l’ignoto ci inquietano perché non sapere con chi si ha a che fare è più stressante dell’avere una conoscenza certa di qualcosa di negativo. Quando possiamo almeno illuderci che il noto sia rassicurante, il senso di ansia e incertezza diminuisce. Così facendo però ci imprigioniamo in un eterno presente. Possiamo invece imparare e riconoscere che quel modo di essere è in noi e possiamo trasformarlo e trasformarci. Riusciamo a fare ciò a due condizioni, tra le altre: se creiamo una disposizione interiore che celebra il valore del dubbio e se siamo più comprensivi, ma non in senso moralistico. Se ciascuno, cioè, espande le dimensioni del proprio spazio del possibile. Ad aiutarci sono i vantaggi del cambiamento. Cinquemila stranieri, con cui conviviamo e condividiamo la cittadinanza, lavorano con noi; ci dimostrano con la loro presenza che siamo più ricchi di possibilità e culture; ci fanno sentire migliori. Soprattutto danno voce al valore della differenza integrata e della convivenza, che sono il nostro unico destino possibile.