Trento Rise, Dalmonego condannato
Un anno all’ex dirigente, dovrà pagare una provvisionale di 80.000 euro all’ente. Giunchiglia a giudizio
TRENTO Il giudice è andato oltre le richieste della pubblica accusa. Ha usato il pugno fermo il gup Marco La Ganga che ha ieri ha messo la parola fine al primo grado della spinosa vicenda giudiziaria su Trent0 Rise, il consorzio per la ricerca e innovazione formato da Università, Fondazione Kessler e finanziato dalla Provincia, ora in liquidazione, coinvolto nell’inchiesta scandalo della Procura partita dalla famosa maxi consulenza da 7 milioni e 474.000 euro affidata a Deloitte Consulting.
Ieri mattina, al termine di un’udienza preliminare durata alcune ore, il gup ha condannato anche l’ex direttore generale della Provincia Ivano Dalmonego, ora in pensione. Un anno, pena sospesa, in rito abbreviato per turbativa d’asta (il pm Pasquale Profiti aveva chiesto otto mesi): questa la pena inflitta all’ex super dirigente, difeso in aula dagli avvocati Franco Larentis e dal professore Fausto Giunta, del foro di Firenze. Dalmonego dovrà anche versare una provvisionale di 80.000 euro ai liquidatori. È soddisfatto l’avvocato del consorzio, Elio Giannangeli, che aveva chiesto una provvisionale di 100.000 euro. «Sono state condivise le linee accusatorie di tutti i procedimenti penali e di tutte le contestazioni — spiega — è positivo per la parte civile; è stata concessa una provvisionale, il resto verrà stabilito in separata sede».
Dalmonego era coinvolto nel primo filone dell’indagine sulla «Pcp Modelli» in quanto, in qualità di direttore generale fino a novembre 2013, avrebbe fatto pressioni turbando la gara e «favorendo l’indebita aggiudicazione a Deloitte». Come contropartita, secondo l’accusa, il super dirigente avrebbe ricevuto «ulteriori consulenze — si legge negli atti — in materia di riorganizzazione degli uffici amministrativi della Provincia e l’utilizzo del budget del Pcp Modelli per pagare giornate uomo già lavorate da Deloitte a favore della Provincia». A fine del 2011, secondo la Procura, sarebbe stato informato della «strategia elaborata da Deloitte per assumere un ruolo centrale nel progetto di innovazione della Provincia e dei suoi enti strumentali». Così scriveva il pm Profiti nella richiesta di rinvio a giudizio, accuse che Dalmonego ha sempre respinto, tanto che il ricorso in appello appare ormai un passo scontato.
Dalmonego era finito sotto accusa insieme a Massimo Bonacci, tra i principali protagonisti dell’inchiesta, rappresentante legale della sede trentina di Deloitte, era coinvolto in tutti e tre i filoni d’indagine, «Pcp Modelli», Turismo e il «Pcp Pua», riuniti davanti al gup La Ganga, e ha patteggiato un anno e sei mesi per turbativa d’asta, mentre Patrick Oungre, dipendente di Deloitte, coinvolto nel primo filone d’indagine, ha chiuso con un patteggiamento ratificato dal giudice a sei mesi di reclusione. Per loro la parte civile era uscita di scena ancora a dicembre quando Deloitte aveva messo sul piatto 1,8 milioni di euro (di cui 700.000 euro erano crediti vantati nei confronti del consorzio a cui la società di consulenza ha rinunciato).
Sono stati invece condannati, sempre in rito abbreviato, l’ex dipendente di Trento Rise, Andrea Grianti e Roberto Bona, dipendente di Informatica Trentina, finito nei guai in qualità di membro della commissione di valutazione della gara «Pcp Modelli». Ma Grianti e Bona, difesi dagli avvocati Claudia Shammah e Luigi De Finis, erano coinvolti anche nel filone dell’appalto turismo, circa 200.000 euro, affidato sempre a Deloitte per cui erano accusati, oltre che di turbativa d’asta, anche di falso. L’appalto prevedeva anche un incarico supplementare per lo sviluppo di una «app» in vista delle Universiadi del dicembre 2013. Nel mirino della magistratura erano finiti due verbali, del 24 aprile 2012 e del 2 maggio 2012, in cui i due imputati avrebbero indicato data e ora della riunione della commissione non corrispondenti al vero. Grianti e Bona a inizio dicembre avevano trovato un accordo con in liquidatori di Trento Rise, il dottore Alberto Bombardelli e l’avvocato Giacomo Bernardi, e avevano risarcito l’ente.
L’udienza preliminare di fatto chiude il primo grado di giudizio della vasta inchiesta. Ma restano aperte ancora altre due posizioni, in particolare quella del professor Fausto Giunchiglia (già condannato a diciotto mesi per il filone sulle consulenze legali), all’epoca presidente di Trento Rise, coinvolto nei due filoni di indagine sul «Pcp Modelli» e sul Turismo, e accusato di turbativa d’asta e falso. Il professore, difeso dall’avvocato Maria Cristina Osele, ha sempre detto di essere stato solo un capro espiatorio e ha deciso di difendersi in un procedimento dibattimentale. L’udienza è fissata per il prossimo giugno.
Si decideranno a giugno anche le sorti di Ivan Pilati, responsabile dell’area business di Trento Rise, accusato di peculato, nell’ambito dell’inchiesta sul «Pcp Pua», l’appalto socio-sanitario da cinque milioni di euro. È infatti pendente un ricorso per Cassazione, presentato dal suo avvocato, Giovanni Rambaldi, sulla qualificazione del reato. Secondo la difesa, se c’è reato si tratta di truffa e non peculato.
L’udienza Inflitta una pena di un anno e quattro mesi in abbreviato a Bona e Grianti
Parte civile Bonacci e Oungre patteggiano dopo il risarcimento di 1.8 milioni di Deloitte