Genoma umano, il mistero della vita diventa racconto
Muse, oggi inaugura la mostra sul mistero della vita
Un tendaggio su cui vengono proiettate delle sequenze nucleotidiche con l’idea di rendere visibile l’alfabeto genetico. Ed ecco il formarsi di parole che vengono anche cantante; alcune con un significato, altre forse no, altre ancora in una lingua che non conosciamo. Una sorta di simulazione di quello che è oggi il nostro livello di conoscenza del genoma. Si entra così in Genoma umano. Quello che
ci rende unici, la poliedrica mostra da oggi e fino al 6 gennaio visitabile al Muse, il Museo delle scienze di Trento. Un percorso che attraverso tre livelli di indagine - molecole, individuo, società - affronta quattro temi cruciali del contemporaneo, e non solo per gli scienziati: sequenziamento completo del genoma umano, attuale conoscenza dei suoi elementi e caratteristiche, mutazioni genetiche che stanno alla base delle differenze tra individui e altri cambiamenti che influenzano il nostro fenotipo, tecniche di ricerca d’avanguardia per la salute umana. Un’iniziativa che non vuole fornire solo risposte o informazioni sui traguardi raggiunti dalla genetica, ma mettere il visitatore al centro. Fonda cioè la sua ragion d’essere su una serie di domande: perché le persone sono tutte diverse? Da dove provengono i talenti? Perché c’è chi invecchia in modo invidiabile e chi no? Perché la vita ha un termine biologico e come possiamo prevenire le malattie?
Varcata la porta dell’alfabeto genetico, si entra in uno dei diversi «luoghi sociali» che formano il percorso espositivo: l’archivio, che offre un inquadramento storico, iniziando dal completamento del progetto genoma umano, durato più di dieci anni: nel 2000 l’idea della sequenza di lettere è definita nei dettagli. Si ipotizza che nel 2020 in sole due ore e mezzo sarà possibile passare dal campione di saliva alla sequenza del genoma.
Si approda quindi a una saletta degli specchi. L’invito è a guardare la propria immagine non come qualcosa di incontaminato perché nel genoma c’è molto altro: noi, ad esempio, siamo per circa l’8% virus.
Sale un po’ di emozione quando si arriva in una classe ben organizzata con i banchi e i cartelloni alle pareti. Qui si raccontano le mutazioni che sono il principale motore della diversità genetica. Una sorta di gioco attraverso cui è possibile generare delle mutazioni su una storia che diventa una, due, cento storie attraverso aggiunte di lettere, elisioni e così via. La piazza, dedicata «alla ricerca di una predisposizione» sorprende con i suoi ombrelli un po’ alla Singing in the rain, continuando la narrazione di storie che entrano nel personale attraverso sei sagome umane corrispondenti ad altrettante varianti genetiche. Angela, per esempio, ha 25 anni quando scopre che i tumori che hanno avuto la mamma e la sorella sono legati a una caratteristica genetica. Si raggiunge poi la sezione dedicata all’epigenetica, che approfondisce l’influenza sul nostro Dna di diversi fattori, tra cui l’ambiente, gli stili di vita, l’esperienza. Si parla di test genetico on-line e poi la parola passa all’arte con Dna-Epigen, una macro-scultura interattiva dal forte impatto scenografico realizzata dall’artista visiva Claud Hesse. In chiusura di mostra, uno sguardo all’informazione e all’ingresso del genoma nel dibattito pubblico.