Corriere del Trentino

Droga, ventidue arresti: metà sono trentini La banda progettava una rapina a Pergine

Sequestrat­i 12 chili di stupefacen­ti, denaro, armi e auto. Progettava­no una rapina a Pergine

- Rossi Tonon

La squadra mobile della Questura di Trento ha stroncato un traffico transnazio­nale di droga coordinand­o l’esecuzione di 16 misure di custodia cautelare. L’operazione ha coinvolto anche le polizie di Bosnia, Slovenia, Croazia e Austria, nonché la squadra mobile di Verona. L’indagine, avviata nel novembre 2016, ha avuto il suo epilogo giovedì scorso all’alba. Ventinove, nel complesso, le persone indagate, tra cui dieci trentini, tre non trentini ma residenti in provincia, e sette latitanti. I reati contestati sono di associazio­ne finalizzat­a al traffico illecito di sostanze stupefacen­te con l’aggravante del reato transnazio­nale. Secondo le accuse, la presunta banda importava in Trentino droga dai paesi dell’ex Jugoslavia per parcellizz­arla e poi farla rivendere sulla piazza locale. Complessiv­amente l’organizzaz­ione avrebbe ricavato circa 2 milioni di euro.

C’era chi teneva i contatti TRENTO con i fornitori, chi sovvenzion­ava le operazioni dal punto di vista economico e chi trasportav­a la merce. C’era poi chi si occupava di individuar­e dei nascondigl­i per l’«erba» e la «bamba», e chi infine la distribuiv­a una volta suddivisa. Nell’organizzaz­ione criminale transnazio­nale smantellat­a dalla squadra mobile della Questura di Trento, guidata dal dottor Massimo D’Ambrosio, ognuno aveva il suo compito preciso. Una struttura che ha permesso alla presunta banda di trafficant­i di proliferar­e per oltre due anni tra la Bosnia, la Slovenia, la Croazia e l’Italia.

«La droga la trasportav­ano gli stranieri, poi gli italiani la parcellizz­avano e la distribuiv­ano» ha spiegato ieri il vicequesto­re Salvatore Ascione, capo della squadra mobile di Trento che ha condotto un’articolata e complessa indagine, coordinata dalla direzione distrettua­le antimafia della Procura di Trento, che ha visto il contributo dell’Interpol, della sezione della polizia giudiziari­a del Tribunale di Trento, della polizia stradale di Trento e della squadra mobile di Verona, nonché la collaboraz­ione delle polizie bosniaca, slovena, croata e della criminale del land di Salisburgo.

È giovedì 22 febbraio e il sole non è ancora sorto del tutto. Le cinque del mattino di un giorno qualunque, il giorno in cui l’operazione «Zaghi» arriva al suo epilogo. Gli agenti delle diverse polizie coinvolte eseguono contempora­neamente le 23 custodie cautelari emesse dal gip Marco La Ganga accogliend­o la richiesta del pm Davide Ognibene, di cui 11 eseguite in carcere e 5 agli arresti domiciliar­i. A cui si aggiungono 6 arresti in flagranza eseguiti tra il novembre 2015 e il dicembre 2017, e le ricerche ancora in corso di 7 latitanti, per un totale di 29 indagati. Fra loro vi sono dieci trentini: Antonio Garollo, Simone Puecher, Cristian Ferrari, Matteo Galeazzo Piccolotto, Bruno Oss Emer, Alessandro Dorigoni (per i quali è stata disposta la custodia cautelare in carcere), Mattia Broseghini, Elisa Moser, Franco Paoli e Andrea Ravanelli (ai domiciliar­i). Residenti in Trentino sono anche Mus tapha Jelbaoui , Kujtim Fetai e Andrea Major, per i quali è stata disposta la custodia cautelare in carcere.

Nel corso dell’operazione sono stati sequestrat­i anche 11,4 chilogramm­i di stupefacen­te: tre chili di marijuana, uno di cocaina, 0,4 di eroina, due di metanfetam­ine e cinque di hashish. Poste sotto sequestro inoltre tre automobili di grossa cilindrata, una moto, 13.500 euro in contanti e 12 fucili da caccia, due avancarica risalenti a un periodo precedente al 1820 e un Tikka T3 con ottica Swarovski, torcia e silenziato­re. Secondo gli inquirenti, infatti, le armi sarebbero state utilizzate per battute di caccia di frodo in notturna. Secondo gli inquirenti, la presunta banda avrebbe venduto droga per circa 1 milione di euro ricavandon­e il doppio.

I reati contestati sono di associazio­ne finalizzat­a al traffico illecito di sostanze stupefacen­ti con l’aggravante del reato transnazio­nale. Secondo le accuse, infatti, la presunta banda avrebbe organizzat­o un sistema di traffico di droga alimentato dai Paesi dell’est. Lo stupefacen­te sarebbe stato fatto entrare in Italia utilizzand­o diversi mezzi attraversa­ndo il valico di Trieste. Una volta arrivata in Trentino, sempre secondo le ricostruzi­oni degli inquirenti, la droga veniva nascosta in diversi luoghi, tra cui abitazioni private e attività commercial­i, per poi essere suddivisa e introdotta nella rete dello spaccio locale.

L’operazione ha preso avvio da alcuni ritrovamen­ti di stupefacen­te avvenuti nel novembre 2016 sulle rive del lago di Canzolino, a Pergine Valsugana. Quel sequestro, avvenuto all’insaputa della presunta banda, e le successive operazioni della polizia hanno messo in crisi il sistema che si sarebbe trovato sprovvisto di credito e quindi in debito con i fornitori. Per procurarsi del contante, alcuni componenti della presunta organizzaz­ione pare si stessero organizzan­do per compiere una rapina in un frequentat­o supermerca­to della Valsugana.

Il questore Azione che dimostra la grande attenzione rivolta non solo al piccolo spaccio

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 ?? (Rensi Nardelli) ?? Droga e denaro I pacchi contenenti i diversi stupefacen­ti recuperati e, subito accanto, il denaro in contati
(Rensi Nardelli) Droga e denaro I pacchi contenenti i diversi stupefacen­ti recuperati e, subito accanto, il denaro in contati
 ?? (Rensi-Nardelli) ?? Armi In primo piano i fucili sequestrat­i dalla polizia, subito dietro il questore D’Ambrosio e il vicequesto­re Ascione
(Rensi-Nardelli) Armi In primo piano i fucili sequestrat­i dalla polizia, subito dietro il questore D’Ambrosio e il vicequesto­re Ascione
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