Più forze sulla strada
Nei programmi elettorali poco o nessuno spazio al tema della sicurezza pubblica e alle proposte per migliorarla. Qualcuno (la Lega) è tornato a parlare di ripristinare il servizio di poliziotto di quartiere (abolito da anni per insufficienza di personale), altri (Forza Italia) di aumenti stipendiali per le forze di polizia e militari, aspetto secondario rispetto a quello, fondamentale, che, per garantire un livello adeguato di sicurezza collettiva, occorre ripianare in tempi rapidi gli organici di polizia e carabinieri, prevedendo un loro sostanziale aumento, destinato esclusivamente a servizi di controllo del territorio. Senza di questo la precaria situazione di insicurezza in molte città non potrà che peggiorare. A poco servono i protocolli che di tanto in tanto vengono firmati in sede periferica e i patti, a livello centrale, per integrare forze di polizia e corpi e servizi delle polizie municipali. Questo per il semplice motivo delle profonde diversità nella formazione e nell’aggiornamento professionale, che non possono essere colmate dalle buone intenzioni consacrate nei documenti. Inutile, ai fini preventivi l’istallazione nelle vie e nelle piazze di centinaia, migliaia di telecamere di sorveglianza, che sono utili soltanto nella fase successiva ad eventi delittuosi.
La sicurezza si garantisce con adeguati, visibili, coordinati servizi su strada fatti da poliziotti e carabinieri. Punto.
La sicurezza si garantisce con una legislazione adeguata ai tempi, non sospendendo, per esempio, la pena a chi è stato condannato e continua a beneficiare di una incensuratezza formale per continuare a delinquere impunemente fino a sentenza definitiva (che in genere arriva dopo molti anni).
Sicurezza vuole dire procedere ad espulsioni reali di cittadini stranieri, anche se titolari di permessi di soggiorno che vanno revocati dopo la condanna in primo grado. Sicurezza significa anche poter procedere all’allontanamento concreto dei cittadini comunitari che commettono determinati delitti, con l’obbligo reciproco dei vari Stati membri dell’Unione europea di adottare le misure di polizia idonee per impedire il ritorno nello Stato in cui è stato commesso un reato specificato. Un miglioramento della sicurezza può derivare anche dall’obbligo reciproco, per tutti gli Stati dell’Unione europea, di far scontare la pena della reclusione dei rispettivi cittadini nel Paese di appartenenza. Sicurezza vuole dire anche costruire nuove carceri e, nell’attesa, stabilire una maggiore diffusione del braccialetto elettronico. «La paura non deve vincere», ha detto il ministro dell’interno Minniti alcuni giorni fa.
Difficile non essere d’accordo sul punto, ma la «tranquillità» della gente può derivare solo da una presenza rassicurante e preventiva di polizia e carabinieri. Altrimenti si rischia che siano soltanto affermazioni retoriche e vuote.
Piero Innocenti,