«Curon/Graun» al Sociale: quando l’emozione a teatro diventa opera d’arte
La sensazione alla fine della rappresentazione di Curon/Graun di OHT, andato in scena venerdì sera al Sociale di Trento in prima assoluta per la stagione Opera 20-21, è quella di aver vissuto un grande privilegio. Di aver assistito a uno spettacolo che staccandosi decisamente dai canoni dell’opera lirica tradizionale indica un modo nuovo di fare teatro musicale, che non lascia rimpiangere gli allestimenti a volte faraonici del repertorio classico, capace di muovere emozioni, di raccontare attraverso la sola musica e le immagini video una storia, un paesaggio portandoli alla loro essenza. La storia è la tragedia del paese di Curon, Graun in tedesco, in Alta Val Venosta, cancellato nel 1950 contro la volontà degli abitanti per lasciare posto al lago artificiale di Resia. Testimone dello scempio resta il campanile trecentesco che emerge tutt’ora dalle acque del lago e intorno al quale si sviluppa anche lo spettacolo ideato da Filippo Andreatta e Paola Villani. Sullo schermo il testo didascalico della vicenda, poi la riproduzione del campanile sommerso e il piano sequenze del paesaggio invernale della Val Venosta nel video di Armin Ferrari, in simbiosi con la musica, completa, avvolgente ed essenziale di tre versioni diverse di Fratres di Arvo Pärt eseguita dalla Haydn diretta da Stefano Ferrario. Il Cantus in memory of Benjamin Britten restituisce alla torre millenaria i rintocchi della campana, quasi a chiudere il cerchio della storia luttuosa evocata con perfetto minimalismo. Un plauso alla Fondazione Haydn che ha prodotto Curon/Graun.