Bankrobber, nuovo album e un tour internazionale
È tempo di volare alto per i trentini The Bankrobber, freschi reduci da un mini tour di quattro date tra Spagna e Portogallo. Proprio ieri la band formata da Giacomo Oberti (voce e chitarra), Maddalena Oberti (voce e tastiere), Andrea Villani (basso) e Stefano Beretta (batteria) si è esibita sul palco del Convivio Associacao Guimaraes di Braga, in Portogallo, mentre venerdì erano al Tokyo di Lisbona.
Una settimana da incorniciare iniziata mercoledì con la doppia data di Madrid rispettivamente all’Honky Tonk e al Wurlitzer Ballroom. «Abbiamo girato l’Italia in tour in questi ultimi anni – aveva dichiarato Giacomo Oberti nell’intervista al Corriere del Trentino Alto-Adige – ora abbiamo una gran voglia di misurarci dal vivo anche fuori dai confini nazionali». L’occasione è offerta dal lancio del nuovo album
Missing, uscito l’8 febbraio per Vrec e Alka Record, prodotto da Michele Guberti e Massimiliano Lambertini.
Un disco dall’inizio davvero maestoso: l’incedere di Gold rimane in testa fin dal primo ascolto e dimostra la crescita del gruppo rivano, ormai padrone del proprio sound dalla connotazione sempre più internazionale. Closer è il primo singolo dell’album, seguito dalla trascinante Afraid ancora più azzeccata sia nel ritornello che nell’impasto tra le voci di Giacomo e Maddalena. Un altro potenziale singolo è senza dubbio The Womanizer, altra canzone dal riff di tastiera assassino, giocata sul contrasto tra musica rasserenante e testo che va in direzione opposta. Una citazione merita la conclusiva Greetings from my place, il classico lento che a un certo punto cambia direzione, lasciando all’ascoltatore una sensazione di piacevolezza che invita a ricominciare subito l’ascolto dell’album.
Un disco curato nei minimi particolari, dal suono agli arrangiamenti alla copertina firmata dall’artista Laurina Paperina. The Bankrobber sono davvero bravi ed è ora che anche all’estero lo sappiano. Un salto agevolato dalla lingua scelta dalla band rivana per i suoi testi: l’inglese. «Uno dei principali motivi per cui prediligiamo questa lingua è che ci riconosciamo maggiormente dato che il 90% della musica che ascoltiamo è cantata in inglese. Anche se sembra un percorso inverso rispetto a gran parte della scena nazionale, il fatto è che quando ti scatta qualcosa dentro non c’è niente da fare. Dal 2015 con l’uscita di Good Road to Follow abbiamo deciso che l’inglese sarebbe stata la nostra lingua d’espressione e così stiamo cercando di esportare la nostra musica fuori dall’Italia dopo averla girata in lungo e in largo per due anni interi di concerti»