L’agroecologia cubana Il progetto di Rodriguez
Carlo Petrini scriveva poco tempo fa su Slowfood della scienziata cubana Leidy Casimiro Rodriguez, una laureata in agro-ecologia dell’università di Matanzas, e di come avesse creato un centro studi per elaborare tecniche che garantissero la sicurezza alimentare a Cuba. La crisi alimentare era iniziata nel 1980, quando l’Unione Sovietica aveva smesso di mandare aiuti; la situazione si era in seguito inasprita con l’embargo americano. Tutta la popolazione isolana allora si era, come si suol dire, tirata su le maniche, tornando all’antico «fai da te»: orti urbani in ogni pezzetto di terreno libero, persino nelle città — chi ha visto l’Avana lo può confermare — e un ritorno massiccio di giovani alle fattorie abbandonate dalle generazioni precedenti. Leidy oggi lavora a un progetto per il recupero di quasi un milione d’ettari di terreni incolti. Sostiene che «un produttore o un allevatore possono diventare le sentinelle della terra», conservando e migliorando il suolo, le risorse naturali e la biodiversità. Ha elaborato un indice matematico, detto «indice di resilienza socio-ecologica», col quale si analizzano le dinamiche delle fattorie a conduzione familiare per renderle più produttive e soprattutto per farle durare nel tempo. L’indice aiuta i contadini nelle loro scelte e nel loro lavoro quotidiano, ma non solo: anche le istituzioni possono sviluppare politiche agrarie partendo da calcoli misurabili. La mancanza d’importazioni di materie prime ha impedito a Cuba lo sviluppo della chimica agraria. Perciò si è ritornati — virtuosi per forza — a un’agricoltura senza fitofarmaci, usando una strategia che copia il sistema naturale. Sono state evitate le disastrose esperienze dell’agrochimica di altri Paesi. Come già accennato, l’indice è stato elaborato soprattutto per sostenere gli agricoltori di appezzamenti relativamente piccoli: riconosciuti come i più preparati, grazie alla loro conoscenza dei microclimi, dello stato del terreno, delle biodiversità e delle abitudini locali — basate sull’esperienza quotidiana —. L’indice consente di valutare la capacità di sviluppo di una fattoria, aiutando le famiglie a mantenere fertile il suolo e farlo produrre di più senza sfibrarlo. Leidy: «Un produttore, un contadino, un allevatore, sono sentinelle, proteggono i luoghi dove vivono». Il tutto senza usare preparati che eliminano indiscriminatamente insetti, uccelli, piccoli animali o fertilizzanti di sintesi che distruggono i microorganismi del terreno, oppure le mega–macchine agricole che compattano il suolo, rendendolo sterile. Si può fare, e Cuba, l’esperienza l’ha confermato, con i suoi 11 milioni e mezzo di abitanti, lo dimostra.