Casa Depero, gli animali metallici Il mito dell’auto
Sono esposti nomi importanti come Dudovich, Pozzati, Carboni e Romoli Boschiero: «Al centro la questione futurista e il fulcro dell’automobile»
«Un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia». Come suona strano scorrendo il Manifesto del futurismo, scritto da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909, incontrare l’automobile in un’accezione maschile. Sarà infatti Gabriele d’Annunzio in una lettera del 1926 al senatore Giovanni Agnelli a decretare: «L’Automobile è femmina». Con Animali metallici. Il culto
dell’automobile nel XX secolo a partire da venerdì (inaugurazione alle 18) l’automobile sarà al centro della riflessione presso Casa d’Arte Futurista Depero, a Rovereto. Fino al 10 giugno la mostra, curata da Nicoletta Boschiero e Federico Zanoner, attraverso l’arte offrirà infatti uno sguardo sull’automobile quale protagonista di una profonda trasformazione del paesaggio e dello stile di vita collettivo.
«Nello stile di Casa Depero, proponiamo un minuetto che si appoggia a documenti dell’Archivio del ’900 del Mart, manifesti pubblicitari, fotografie, ma anche a splendidi modellini — spiega Boschiero —. Per il nostro museo la questione futurista rimane il fulcro dell’indagine, e il culto della macchina parte proprio dal componimento che nel 1908 Marinetti le dedica, riprendendolo poi negli anni ’20 con il titolo Lussuria-Velocità».
Temi quali progresso, velocità, dinamismo, energia hanno il loro corrispettivo nella tarsia di Depero esposta nel 1925 all’Esposizione universale, e che oggi non esiste più, ma rimane emblematica perché raffigura il ciclista, l’auto, il treno e l’aereo, quindi i tre mezzi di trasporto principali della modernità.
«Attraverso la pubblicità, negli anni ’20 e ’30 nasce un linguaggio che intreccia slogan e immagine — riprende la curatrice — e l’identificazione che spesso si propone tra donna e macchina conferisce a quest’ultima un’aura di lusso e di erotismo».
In mostra nomi importanti come quelli di Marcello Dudovich, Severo Pozzati, Erberto Carboni, Filippo Romoli, che attraverso manifesti, cartoline, copertine di riviste veicolano un linguaggio interessante: «Si esce dall’opera fine a se stessa — osserva Boschiero — e si utilizza l’arte per reclamizzare qualcos’altro». Non manca un
focus su Depero, uno dei protagonisti in ambito pubblicitario da quando nel ’28 va New York, e propone anche dei lavori sull’automobile. «La cosa curiosa è che Depero non guidava la macchina, non poteva permettersela. La ama in senso lato, platonico quasi, forse per questo le sue macchine hanno sempre un aspetto fanciullesco — aggiunge —. Il titolo
Animali metallici infatti si lega al fatto che in uno scritto egli paragona le macchine ad animali: un mollusco, una tartaruga, degli insetti. Si sofferma moltissimo sulla carrozzeria dell’automobile, creando una profonda simmetria tra l’animale metallico e la macchina». Il percorso compie un salto negli anni ‘60 con Gianni Bertini «che utilizza la tecnica sperimentale Mec (meccanical art) per ottenere un’elaborazione meccanica delle immagini», mentre negli anni ’70 Lamberto Pignotti analizza la macchina come protagonista di fatti di cronaca che lui rilegge e critica». Negli anni ’90, poi, ci sono esempi come quello degli svizzeri Fischli&Weiss che rivisitano l’automobile «sempre in luoghi che non sono suoi propri, ad esempio inserita in un contesto di aeroporto, ma anche artisti contemporanei come Andrea Crosa con il suo Suburban Gulliver, piccole sezioni urbane di casette color zucchero filato, città ideali dove tutto è però fasullo e soffocante» conclude Boschiero.