Patto Pd-Svp, Bersani finisce sotto accusa
Le dichiarazioni dell’esponente di LeU hanno provocato reazioni piccate: «Così si travisa la realtà»
Il nostro è stato un percorso lineare, di cui possiamo andare fieri Alle elezioni Liberi e Uguali ha due possibilità: può essere inutile o dannoso
Il nodo L’ex segretario dem ha criticato l’indicazione di Boschi a Bolzano «Un pillolone»
La scelta della sottosegretaria non fa che confermare il degrado della democrazia nel partito di Renzi e il disprezzo nei confronti degli elettori
Sono deluso Pierluigi non è stato solo un collega, ma anche un amico. Nel 2013 abbiamo siglato quell’accordo insieme: è stata la base di tanti successi
Fatico a capire come mai l’ex ministro non riconosca un iter che ha iniziato lui Il suo discorso è un mero attacco a scopo elettorale
TRENTO La reazione è comprensibilmente piccata. Del resto, il giudizio di Pierluigi Bersani sul patto Pd-Svp (Corriere del Trentino di ieri) è stato tutt’altro che morbido. «Nel 2013 — ha detto l’ex segretario Pd — sottoscrissi un accordo politico. Questo per la Boschi è solo uno scambio: voi mandate giù il pillolone e la votate, noi vi daremo in cambio qualcosa».
«Ma quale pillolone» sbotta subito il senatore pd Giorgio Tonini. Che non ha preso benissimo le dichiarazioni dell’esponente di Liberi e Uguali. E replica secco: «Sono tutti ancora in fase di propaganda, Bersani compreso. Ricordo all’ex segretario pd che stiamo parlando di un accordo che lui stesso ha sottoscritto e che in questi anni ha dato ottimi frutti». E il patto di oggi? «Dipingere tutto come uno scambio di cui doversi vergognare — risponde il senatore — è travisare la realtà degli ultimi cinque anni, durante i quali il centrosinistra autonomista del Trentino Alemerso to Adige ha dato un contributo importante al governo per la governabilità del Paese. Si tratta di un percorso lineare di cui andare fieri. E una parte del merito va anche a Bersani, che ha firmato quell’accordo nel 2013». Tonini non usa giri di parole: «È vero che alcuni ministri, ma anche lo stesso Renzi, in passato hanno avuto un approccio critico nei confronti dell’Autonomia. Ma è stato così anche per Enrico Rossi, ora compagno di partito di Bersani, che qualche anno fa si era espresso per un superamento dell’Autonomia e poi ha cambiato idea. Questi non sono pilloloni: è politica con la P maiuscola». E sulla scelta di Boschi a Bolzano: «Si tratta di un collegio forte, tra i più importanti, dove convergono voti italiani e tedeschi. È stato normale riproporre Bressa, protagonista dell’accordo del 2013, e Boschi, protagonista del governo. Dopodiché, come sempre, nel Pd c’è qualcuno che dissente. È nella nostra natura, ma dispiace che il dissenso sia in campagna elettorale. Una volta non sarebbe successo». Il senatore ci tiene anche a chiarire un punto: «Renzi non ha espulso nessuno. Sono loro che se ne sono andati. In tutto il mondo esistono una sinistra riformista e una conservatrice, che si confrontano, litigano. Due anime che possono convivere, purché in una prospettiva di governo. Invece loro hanno deciso di andarsene». Trovandosi ora, secondo Tonini, in una situazione non proprio felice: «LeU ha due possibilità al voto: essere inutile o dannoso. A Bersani dico: i consensi al centrosinistra si riconquistano stando con il Pd».
La pensa diversamente Fabiano Lorandi. «Faccio mio completamente il pensiero di Bersani» sottolinea l’esponente di Mdp. Che prosegue: «Bersani ha fatto molto bene a parlare di questione di scambio per quanto riguarda la candidatura di Boschi in Alto Adige: vergognosa. Non a caso, questa scelta scellerata ha provocato l’uscita di 14 dirigenti dal Pd altoatesino». Un episodio che tratteggia un quadro preciso: «Questo passaggio non fa che confermare il degrado di democrazia all’interno del Partito democratico e il disprezzo nei confronti degli elettori del territorio, che hanno il diritto di essere rappresentati da candidati locali».
Anche in Alto Adige le reazioni non sono mancate. Il più deluso di tutti è il senatore Karl Zeller, che di certo non si aspettava un’uscita di questo tipo, quasi dolorosa come una coltellata. Per lui, infatti, Bersani «non solo è stato un collega ma un amico». Ma se gli si chiede se è vero quanto detto dall’ex ministro, lui è tanto sintetico quanto eloquente: «Niente affatto. Sono piuttosto amareggiato perché con Pierluigi da 20 anni ho sempre avuto ottimi rapporti. Abbiamo siglato il patto del 2013 insieme a Theiner. Questo patto è stato la base di tutti i successi degli ultimi quattro anni. Da quando lui è fuoriuscito dal Pd è stata una sorpresa negativa. Nonostante avessimo concordato con lui di ripristinare in legge il Mattarellum, lui e i suoi hanno votato contro. Abbiamo cercato con Alfreider di ricordargli l’accordo che avevamo fatto. Noi abbiamo salvaguardato il patto. Questo mi amareggia anche da un punto di vista umano. Se il suo patto aveva un valore culturale mentre quello con Renzi è una cosa misera, un semplice do ut des, dico semplicemente che noi siamo rimasti sulla nostra strada del centrosinistra. Lui no». E se all’ex senatore si ricorda quanto espresso dalla Boschi in tema di Autonomie, è lapidario: «All’epoca, quando i media portavano quella esternazione lei ha smentito. Siccome guardo soprattutto ai fatti, è innegabile che lei, con Bressa, è l’artefice principale del nostro ampliamento dell’Autonomia. La voce del popolo può dire quello che vuole. Io sono stato un protagonista di questa stagione. Non ho mai detto al governo: o mi dai questo o non ti voto più. Respingo con fermezza queste insinuazioni che non hanno un briciolo di fondamento».
Anche nel Pd altoatesino le parole di Bersani non sono state proprio digerite bene. «Fatico a capire come mai non riconosca un percorso che ha iniziato lui — esordisce il segretario del Pd locale Alessandro Huber —. Il suo discorso è una critica a scopo elettorale. Siamo nelle logiche di un attacco continuo a Boschi. Sono convinto che il solco Pd-Svp sia in continuità con quanto costruito da Bersani».