«Le nostre prigioni» Donne in carcere, mostra per riflettere
Il progetto Condizione femminile, simboli e confini Gabbie fisiche e psicologiche alla Boccanera Gallery
La capacità di visione del progetto è annunciata sin dal titolo 7+1=8 Le nostre prigioni, in cui il risultato certo dell’addizione viene messo in discussione dalla forza evocativa delle tre parole che lo seguono. L’istinto di rovesciare il numero 8, a questo punto, sorge quasi spontaneo, ed eccolo trasformarsi nel segno di infinito, o nella stilizzazione di un paio di manette.
Un simbolo che nella sua polisemia intende portare al cuore di quattro grandi temi di attualità - emergenza carceri italiane; dignità e risocializzazione; emergenza donne detenute; ricorrenza dell’8 marzo - ma apre anche l’orizzonte a una dimensione metaforica. La gabbia evoca certo la prigione, ma esistono altre gabbie sottili e spesso invisibili che limitano la libertà personale, soprattutto quella femminile. Per questo il progetto, attraverso 7+1 artisti - sette donne e un uomo - offre anche uno sguardo sul tema attraverso l’arte e la sua attitudine a «guardare dentro» le cose.
Attraverso una rassegna di eventi che si prefigge di promuovere una comune cultura della pena e del superamento delle discriminazioni di genere, l’iniziativa - organizzata dall’Ordine degli avvocati di Trento e dal Comitato pari opportunità dello stesso Ordine, in collaborazione con Boccanera Gallery - intende mettere in luce quanto sia urgente e non più procrastinabile una profonda riforma del sistema penitenziario italiano.
«7+1=8 . Le nostre prigioni si fonda sulla consapevolezza che esista un principio non negoziabile: vivere in una società migliore esordisce Andrea de Bertolini, presidente dell’Ordine degli avvocati di Trento -. La realtà della dimensione penitenziaria italiana è di drammatica emergenza non solo per il numero dei detenuti ma per le condizioni nelle quali essi si trovano nelle carceri italiane. Un elemento, quest’ultimo, che aggrava la situazione perché da un lato annulla la dignità della persona, dall’altra impedisce che l’esecuzione della pena sia una concreta opportunità risocializzante».
Se già questi aspetti sono pesanti, ne esiste un altro «particolarmente mortificante» che riguarda la condizione delle donne in carcere, che sono molte meno rispetto alla parte maschile e in numero inferiore sono anche i luoghi di detenzione a loro riservati.
«Il minor numero e la distribuzione più rarefatta degli istituti penitenziari per donne determina in concreto che in questa situazione di collasso generale, legata anche alla scarsità di risorse, gli sforzi indirizzati sulla popolazione detenuta femminile siano molto più ridotti - riprende de Bertolini -. Sulla base di una banale scelta di numeri si preferisce infatti privilegiare interventi trattamentali sulla parte maschile».
Il fatto che in alcuni istituti le donne siano poche ha delle gravi ripercussioni. La scelta spesso per loro è infatti tra il rimanere in una dimensione di quasi isolamento, privilegiando magari la vicinanza alla famiglia, oppure di spostarsi in luoghi più affollati e quindi dotati di una maggiore offerta di attività, allontanandosi però dalle loro radici sociali. In questo contesto si inserisce una riflessione a tutto tondo riguardante la vicina ricorrenza dell’8 marzo, giorno in cui «quasi mai si ricorda come esista una popolazione di donne detenute, che nella realtà penitenziaria è come se subissero un ulteriore elemento di squilibrio nel rapporto tra i generi».
A tutto ciò si aggiunge la dimensione metaforica affidata all’indagine artistica, che mercoledì 7 marzo alle 17 presso il cinema Vittoria di Trento aprirà 7+1=8 Le nostre prigioni con il film Ombre della sera di Valentina Esposito, candidato al Nastro d’argento 2017 e realizzato grazie anche all’impegno di ex detenuti di Rebibbia. Un lavoro che «ha a che fare con il rapporto detenuti-affettività, che non riguarda gli aspetti del trattamento rieducativo ma la dignità dell’uomo», aggiunge de Bertolini. Seguirà una tavola rotonda cui saranno presenti, tra gli altri, la regista del film e Pasquale Bronzo.
Diversi sono i momenti che presso lo Spazio archeologico sotterraneo del Sas di piazza Battisti, a Trento, arricchiranno poi l’8 marzo. Alle 15.30 prenderà avvio il convegno Donne e
carcere con Rita Bernardini, Marta Costantino e Ugo Morelli, mentre alle 18.30 sarà inaugurato il progetto espositivo 7+1=8 Le nostre prigioni. Il percorso - realizzato in collaborazione con Boccanera Gallery - si compone di opere di Gelsomina Bassetti, Linda Carrara, Alda Failoni, Elena Fia Fozzer, Annamaria Gelmi, Justyna Kisielewska, Drifters (Valentina Miorandi+Sandrine Nicoletta), Paolo Facchinelli, «che hanno messo a disposizione gratuitamente queste opere, di fatto assegnabili sulla base di offerte», spiega ancora il presidente degli avvocati. «Al termine della mostra, il ricavato verrà integralmente devoluto ad associazioni volontaristiche che si occupano di detenuti e, in particolare, di detenute». L’intera rassegna è ispirata comunque a una logica di cooperazione volontaristica.
La chiusura, il 29 marzo, è prevista sempre al Sas alle 16, con il soprintendente per i beni culturali della Provincia di Trento, Franco Marzatico, che interverrà sul tema Antichi pregiudizi.
«Per il nostro Consiglio si tratta di un’iniziativa importante - conclude de Bertolini -, che dimostra come l’avvocatura trentina insieme alle pari opportunità sia quotidianamente presente sul territorio al fine di promuovere occasioni di riflessione per lo sviluppo delle coscienze, una delle parti più qualificanti dell’essere avvocati».