Stagione venatoria lunga L’allarme degli ecologisti: strage di uccelli selvatici
AMBIENTE IL COMITATO FAUNISTICO CONCEDE PIÙ GIORNI. DALLAPICCOLA: POLEMICA INUTILE
Si allunga di 15 giorni la stagione venatoria degli uccelli selvatici. Lo ha deciso in questi giorni il comitato faunistico provinciale, provocando le ire dei rappresentanti delle associazioni ambientaliste. «Una decisione insensata, è una strage» insorgono Lipu, Wwf, Pan Eppaa e Legambiente. Che diserteranno le riunioni del comitato almeno fino alle elezioni provinciali del prossimo autunno. «Così rappresentano solo una parte di realtà» replica l’assessore Dallapiccola.
TRENTO «Torneremo a disertare il comitato faunistico. Almeno fino alle elezioni provinciali». Sergio Merz allarga le braccia, tra il deluso e l’arrabbiato. «Siamo stufi — dice il portavoce della Lipu — di farci prendere in giro».
A far alzare ancora una volta la voce a Merz e agli altri rappresentanti degli ambientalisti nel comitato faunistico (Osvaldo Negra per il Wwf, Adriano Pellegrini per il Pan Eppaa e Fernando Boso per Legambiente) è stato il via libera — dato martedì dall’organismo provinciale — all’allungamento della stagione venatoria 2018-2019 della caccia da capanno al 30 gennaio (quest’anno si è conclusa il 15). Una modifica proposta dal Servizio foreste e fauna che ha fatto sobbalzare gli ambientalisti. «Mai — tuonano — negli ultimi vent’anni si era arrivati a questa data». E aggiungono: «Per legge questa estensione è possibile, in quanto i nuovi parametri sulle migrazioni lo permettono. Ma non c’era alcuna necessità di farla. Il parere Ispra viene considerato solo quando può agevolare l’attività venatoria». «Purtroppo — rincara la dose Merz — la fauna in Trentino è gestita dai cacciatori». Poi il rappresentante della Lipu punta il dito contro il Servizio foreste e fauna: «Non c’era bisogno di arrivare in comitato con il “piatto” già servito: i cacciatori ottengono già da soli quello che vogliono». E va oltre: «Queste concessioni vengono date sempre in anni elettorali. Questa volta, però, davvero non c’era alcuna giustificazione: stiamo parlando di specie già martoriate».
I dati, dicono gli ambientalisti, parlano chiaro: nel dettaglio — sono i numeri forniti dalla Lipu — dal 2007 al 2016 «con la caccia agli uccelli selvatici, effettuata maggiormente da capanno e con l’uso di richiami vivi, sono stati abbattuti e denunciati in Trentino 1.086.905 uccelli». Totale che sarebbe molto più alto, avvertono, aggiungendo gli animali feriti e non segnati. Ma c’è di più: «La caccia da capanno viene effettuata da una postazione fissa, con l’uso degli uccelli da richiamo che, tenuti in una minuscola gabbietta, con il loro canto attirano i loro simili. Considerando che i capannisti trentini sono circa 1.300 e ogni cacciatore può detenere fino a 40 soggetti, si può presumere che siano diverse migliaia gli uccelli da richiamo costretti a fare una vita da reclusi in spazi minimi spesso al limite del maltrattamento. Questo numero necessita di ricambi e siccome gli allevatori non riescono a soddisfare le richieste, spesso ci si procura illegalmente quanto serve, incrementando il bracconaggio». Le domande degli ambientalisti sono nette: «Non bastano 9 mesi di caccia tra ungulati e uccelli, con gravi incidenti? Non bastano i danni considerevoli al patrimonio faunistico e aver abbattuto in 10 anni in Trentino più di un milione di uccelli? Noi faremo il possibile per arrivare a una chiusura totale di questa caccia, che non è difendibile in alcun modo».
A rispondere è Michele Dallapiccola. «Mi dispiace — sottolinea l’assessore provinciale — che la questione venga interpretata così. Le associazioni ambientaliste hanno il diritto di esprimere il loro dissenso, ma ricordo loro che tutte le decisioni del comitato faunistico sono il frutto della mediazione tra le posizioni di ambientalisti e cacciatori: ci sono anche decisioni che tengono più in considerazione la loro posizione rispetto a quella dei cacciatori. Enfatizzare solo ciò di cui non si è soddisfatti, quindi, vuol dire non rappresentare completamente la realtà. Senza considerare il compito di gestire la presenza della fauna in un territorio antropizzato».