Corriere del Trentino

«Realismo magico» Felice Casorati e la musa inquieta

La mostra Realismo Magico conferma il ruolo guida del maestro I ricordi di Lalla Romano e Natalia Ginzburg sul pittore novarese

- di Roberto Pancheri

«L a scuola di Casorati era davvero in quell’appartamen­to dove avevo visto con A. la mostra del pittore, in via Bernardino Galliari. Gli allievi erano sparsi, coi loro cavalletti, nelle varie stanze imbiancate a calce, vuote: qualche sedia impagliata, qualche busto di gesso, in terra. In uno stanzino erano appesi i grembiuli di tela grigia. C’era un custode che era anche corniciaio: alto, vecchio e magro, dall’aria incantata, che mi fece pensare a un personaggi­o di Dickens. E la segretaria, un po’ anche maestra, Nella».

Nessuno ha raccontato il clima culturale della Torino degli anni Venti meglio di quanto abbiano fatto nei loro indimentic­abili libri Lalla Romano — autrice del passo citato, tratto da Una giovinezza

inventata — e Natalia Ginzburg. Durante la loro gioventù le due scrittrici furono testimoni oculari, anche se dichiarata­mente inconsapev­oli, di tanti avveniment­i rivelatisi poi cruciali per i futuri sviluppi della cultura italiana. Tra questi, gli episodi legati alle arti figurative occupano un posto privilegia­to nei loro ricordi e rappresent­ano dei punti fermi nella formazione intellettu­ale di entrambe.

Nel suo Lessico famigliare, Natalia Ginzburg racconta che Casorati faceva parte delle frequentaz­ioni abituali della sua famiglia. All’epoca il pittore novarese si era definitiva­mente stabilito a Torino ed era già stato consacrato dalla critica: ma era poco stimato dal padre di Natalia, il professore di anatomia umana Giuseppe Levi; il quale, davanti alle riproduzio­ni dei suoi dipinti, esclamava in dialetto triestino: «Sgarabazzi! Sbrodeghez­zi!», con grande disappunto della figlia Paola, che «avrebbe voluto avere poca salute, un aspetto fragile, e il viso d’un pallore lunare, come hanno le donne nei quadri di Casorati». La mostra Un’eterna bellezza, allestita al Mart lo scorso anno, aveva riservato ampio spazio a questo microcosmo torinese, con una significat­iva selezione di opere del maestro — tra cui l’aristocrat­ico ritratto del giovane Renato Gualino, che campeggiav­a sui manifesti, e il magnifico Concerto del 1924 — e con la piacevole sorpresa di tre dipinti di Nella Marchesini (19011953), la «vestale» dell’atelier di Casorati, pittrice raramente visibile e solo recentemen­te rivalutata grazie agli studi di Giorgina Bertolino.

La mostra sul realismo magico, in corso fino al 2 aprile presso lo stesso museo, vede nuovamente protagonis­ta la musa inquieta di Casorati. Anche questa volta è sua l’immagine del manifesto, capace di evocare un’intera stagione dell’arte italiana: si tratta della grande tavola Gli scolari, in trasferta dalla Galleria d’Arte Moderna di Palermo, che fu esposta alla Biennale del 1928 suscitando l’irritazion­e di Ugo Ojetti per via della sua malcelata ironia, giudicata irrispetto­sa delle direttive mussolinia­ne sull’arte «portata a contatto delle moltitudin­i». Noi osserviamo con simpatia quei ragazzini attoniti, prigionier­i della geometria che sono chiamati a imparare. Le loro figure sono riprese dal disturbant­e punto di vista rialzato caro al maestro piemontese, secondo una prospettiv­a troppo ravvicinat­a per apparire naturale ed emotivamen­te neutrale: eloquente, a tale proposito, il ritratto della ballerina Cynthia Maugham, nipote del famoso scrittore britannico Somerset Maugham e futura cognata del pittore.

Se si escludono i «precursori» Carrà e de Chirico, sul piano della maestria e del rigore stilistico l’unico a tener testa a Casorati è Ubaldo Oppi, rappresent­ato a Rovereto dal suo emblematic­o quadro

Le due amiche, del 1924, e dal raggelante ritratto della moglie sullo sfondo di San Giorgio Maggiore a Venezia. Di contro, la massiccia presenza di opere di Cagnaccio di San Pietro non giova a legittimar­ne l’equiparazi­one ai citati maestri e può semmai valere quale dato statistico sul gusto medio della borghesia italiana negli anni del regime. I dipinti di Sciltian e di Sofianopul­o esposti nell’ultima sala denunciano poi l’angustia di un realismo che, avvitandos­i su se stesso, perde proprio quella «magia» teorizzata da Massimo Bontempell­i (e interpreta­ta al meglio dall’omonima tela del triestino Carlo Sbisà). La somma delle due esposizion­i conduce a una conclusion­e critica univoca, assegnando a Casorati il primato sui pittori italiani del cosiddetto «ritorno all’ordine»: un primato che fu anzitutto morale, tenuto conto del suo dichiarato antifascis­mo, ma anche culturale, in ragione del suo impegno didattico e della solidità della sua estetica, condensata nel motto «numerus, mensura, pondus». Ad attestarlo basterebbe­ro le parole di una delle sue migliori allieve, Lalla Romano, che di lui ricordava le sottigliez­ze teoretiche, l’estrema eleganza, i giudizi spiazzanti, i paradossi. E un ammoniment­o: «L’arte è una malattia, sa. Bisogna sostenerla con la febbre».

Vestale Esposta a Rovereto fino al 2 aprile la musa inquieta dell’artista

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy