Carol e Act Naturally
Il personaggio Nuovo disco per la cantautrice bolzanina Anna Bernard Oltre al cambio di nome: «L’ho fatto per trovare la giusta distanza»
Anna Bernard ha preferito cambiare nome per raccontarsi. Per l’Ep Act Naturally uscito un mese fa per Riff Records la cantautrice bolzanina ha scelto il nome d’arte di Carol Might Know (Carol potrebbe sapere). Un album che ci dice molto di lei, del suo spirito, del suo modo di intendere la musica e il mondo. Forse proprio per questo ha scelto di presentare il suo lavoro utilizzando un nome d’arte, per allontanarlo da sé, per tenerlo «alla giusta distanza». La diretta interessata, 26 anni appena compiuti, non sembra, però, essere d’accordo: «Non so da dove provenga la scelta del nome d’arte, Carol mi fa pensare a
Christmas Carol (il canto di Natale,ndr) e ad alcuni amici, ma mi è venuto così. È davvero nato dal nulla».
L’album si intitola Act naturally, anche questa scelta è dovuto all’ispirazione del momento?
«No, stavo cercando qualcosa che descrivesse i contrasti presenti in me stessa e nel disco e per questo cercavo un ossimoro. Tra i tanti ho finito per scegliere Act naturally perché è il titolo di un pezzo che è stato cantato anche dai Beatles di cui sono una fan. I primi brani ho incominciato a scriverli mentre mi trovavo a Colonia ma per registrarli volevo un gruppo mio. L’occasione mi è capitata a Rotterdam dove risiedo per studio».
Contrasti che risultano più evidenti nelle cinque canzoni dell’album. Qualcuna in modo particolare?
«Direi Grasp all, probabilmente il brano più orecchiabile ma che contiene odio e amore. Parte da una mia storia d’amore finita male in cui ho inserito la giusta dose d’umorismo». Sono canzoni che si potrebbero definire «intime», sembra una costante dei giovani cantautori (mondo hip hop escluso). Il mondo esterno non è così interessante? «Probabilmente è vero, ma Act naturally, in fondo, non è così intimo. Ci sono riferimenti anche a fatti collettivi. Credo sia una questione di periodi che si attraversano. Nei pezzi nuovi, per esempio, c’è più rabbia, da questo punto di vista credo che risulteranno più incisivi».
Tutti i testi sono in lingua inglese e sembrano scritti con un’attenzione particola- re. Soprattutto Blue Velvet Green.
«Come dicevo, i testi mi sono venuti tutti senza pensarci troppo, tendenzialmente sono molto attenta al suono delle parole, mi piace che abbiano una certa sonorità. Blue
Velvet Green ne è un esempio. È una canzone in linea con il titolo e con i contrasti. Un blu velluto verde, due colori a rappresentare due punti di vista diversi, una situazione di insicurezza, una doppia faccia». E per quel che riguarda le musiche?
«È un disco pop con influenze provenienti da generi molto diversi come la musica che ascolto: dalla classica al pop passando per il jazz. Ci si possono trovare atmosfere soul, rock ed elettroniche. Se devo fare qualche nome in particolare: Lianne la Havas, James Blake, Fiona Apple, Radiohead». Progetti per il futuro?
«Continuo a scrivere canzoni, ho otto pezzi già pronti. Per il resto, mi aspetto di far conoscere la mia musica il più possibile, in Italia ma anche in Olanda. Ma so che non dipende solo da me, io cerco solo di fare le cose nel miglior modo possibile».