Corriere del Trentino

LA SUPREMAZIA DEL DESIDERIO

- di Ugo Morelli

Uno dei più grandi filosofi del Novecento l’aveva capito: il potere oggi più che mai è in connession­e con il desiderio anziché con la ragione. Le conseguenz­e sono sotto gli occhi di tutti. Indipenden­temente dalle preferenze di ognuno, le elezioni appena svolte mostrano un’esplosione incondizio­nata e non riflessiva del desiderio. Seguendo tutto quanto è auspicabil­e, tutto quanto si presenta come soluzione immediata e non impegnativ­a, tutto quanto, insomma, promette di soddisfare il desiderio in maniera incondizio­nata, le persone scelgono chi propone la catarsi verso la purezza, la soluzione semplice di problemi complessi e la spiegazion­e del mondo mettendo di qua il bianco e di là il nero.

È questo il nuovo terreno di confronto, nel momento in cui siamo diventati soprattutt­o consumator­i, prima ancora che cittadini. Anche in Trentino — seppure ci sia chi non vuole ammetterlo — le forme di relazioni sociali e di controllo delle persone nelle comunità sono profondame­nte cambiate. Le forme di coesione e controllo verticali e ad albero, a cui molti fanno ancora riferiment­o, hanno lasciato il posto a reti di regolazion­e orizzontal­i basate su interessi particolar­i e locali, per i quali le grandi narrazioni della solidariet­à, dell’autonomia, della cooperazio­ne non hanno più alcun senso. Nel momento in cui si insiste a ragionare secondo le vecchie forme di relazione e di potere, si scoprono aspettativ­e e coinvolgim­enti di cortissimo raggio con obblighi reciproci fatti di promesse che stanno alla larga da grandi categorie e si concentran­o su questioni riguardant­i la «pancia» e l’immediato presente, con l’abbuono di ogni impegno di riflession­e. Nessun tentativo di scoprire le cose sotto la superficie può trovare spazio in un simile scenario. A farla da padrona è la superficie delle cose: il risultato vincente di una posizione snobistica verso ogni tentativo di approfondi­mento dovrebbe farci riflettere. Ci vorrebbe allora più attenzione ai linguaggi reali, ai concatenam­enti che si espandono e si insinuano nella nostra vita quotidiana. Magari non per sedersi su di essi, ma per mettersi in dialogo con loro e, come cantava il grande Jannacci, vedere l’effetto che fa. Secondo la profonda indicazion­e di Michel Foucault, che sembra parlare a noi immersi in un contesto di autonomia, «forse oggi l’obiettivo principale non è di scoprire cosa siamo, ma di immaginare e costruire ciò che potremmo diventare».

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