LA SUPREMAZIA DEL DESIDERIO
Uno dei più grandi filosofi del Novecento l’aveva capito: il potere oggi più che mai è in connessione con il desiderio anziché con la ragione. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Indipendentemente dalle preferenze di ognuno, le elezioni appena svolte mostrano un’esplosione incondizionata e non riflessiva del desiderio. Seguendo tutto quanto è auspicabile, tutto quanto si presenta come soluzione immediata e non impegnativa, tutto quanto, insomma, promette di soddisfare il desiderio in maniera incondizionata, le persone scelgono chi propone la catarsi verso la purezza, la soluzione semplice di problemi complessi e la spiegazione del mondo mettendo di qua il bianco e di là il nero.
È questo il nuovo terreno di confronto, nel momento in cui siamo diventati soprattutto consumatori, prima ancora che cittadini. Anche in Trentino — seppure ci sia chi non vuole ammetterlo — le forme di relazioni sociali e di controllo delle persone nelle comunità sono profondamente cambiate. Le forme di coesione e controllo verticali e ad albero, a cui molti fanno ancora riferimento, hanno lasciato il posto a reti di regolazione orizzontali basate su interessi particolari e locali, per i quali le grandi narrazioni della solidarietà, dell’autonomia, della cooperazione non hanno più alcun senso. Nel momento in cui si insiste a ragionare secondo le vecchie forme di relazione e di potere, si scoprono aspettative e coinvolgimenti di cortissimo raggio con obblighi reciproci fatti di promesse che stanno alla larga da grandi categorie e si concentrano su questioni riguardanti la «pancia» e l’immediato presente, con l’abbuono di ogni impegno di riflessione. Nessun tentativo di scoprire le cose sotto la superficie può trovare spazio in un simile scenario. A farla da padrona è la superficie delle cose: il risultato vincente di una posizione snobistica verso ogni tentativo di approfondimento dovrebbe farci riflettere. Ci vorrebbe allora più attenzione ai linguaggi reali, ai concatenamenti che si espandono e si insinuano nella nostra vita quotidiana. Magari non per sedersi su di essi, ma per mettersi in dialogo con loro e, come cantava il grande Jannacci, vedere l’effetto che fa. Secondo la profonda indicazione di Michel Foucault, che sembra parlare a noi immersi in un contesto di autonomia, «forse oggi l’obiettivo principale non è di scoprire cosa siamo, ma di immaginare e costruire ciò che potremmo diventare».