Rigoni Stern, i dodici finalisti «Il futuro? Oltre i confini»
Selezionate le opere del concorso letterario, il 13 la premiazione Frigo: «Ora vogliamo dargli una connotazione internazionale» Il Guardiano dell’Arca dedicato alla memoria di Dongilli
L’ immigrazione straniera nelle Alpi e negli Appennini; il paesaggio italiano visto dai «margini»; il racconto di quattro giorni e quattro notti di un’avventura in solitaria narrati dalla protagonista, una giovane alpinista francese; un thriller che rappresenta un doppio esordio al femminile; il «Numero Primo» arrivato via internet che in molti hanno avuto modo di apprezzare pure nella versione teatrale. Ma anche narrativa di viaggio, una storia delle Alpi e alcuni romanzi che spaziano dal Kenya all’alta Val Brenta alla basilica di Aquileia.
È davvero uno sguardo poliedrico quello che ha guidato la giuria del «Premio Mario Rigoni Stern per la letteratura multilingue delle Alpi» nella selezione delle 12 opere finaliste dell’edizione 2018, tra le 54 presentate tra saggistica e narrativa. Dodici lavori in cui sembra di notare il leitmotiv di una commistione sempre più stretta tra saggistica e romanzo.
Ma ecco i nomi dei finalisti: AAVV, Per forza o per scelta. L’immigrazione straniera nelle alpi e negli appennini, Aracne; Antonella Tarpino, Il paesaggio fragile, Einaudi; Astrid Kofler, Das Fliegen der Schaukel, Haymon; Enrico Camanni, Storia delle Alpi, Biblioteca dell’Immagine; Franco Faggiani, La manutenzione dei sensi, Fazi; Gaëlle Cavalié, Cent heures de solitude, Paulsen – Guerin; Ilaria Tuti, Fiori sopra l’Inferno, Longanesi; Marco Albino Ferrari, La via incantata, Ponte alle Grazie; Marco Paolini-Gianfranco Bettin, Le avventure di Numero Primo, Einaudi; Massimo Bubola, Ballata senza nome, Frassinelli; Matteo Righetto,
L’anima della frontiera, Mondadori; Rory Steele, Il cuore e
l’abisso, Alpine Studio. Tra le dodici opere entrate nella shortlist dell’VIII edizione del premio, martedì 13 marzo la giuria — composta da Ilvo Diamanti, Paola Maria Filippi, Mario Isnenghi, Daniele Jalla, Paolo Rumiz — sceglierà il vincitore che riceverà ufficialmente il premio nella cerimonia del 24 marzo a Riva del Garda. Il Premio Mario Rigoni Stern è fissato per il 2018 in diecimila euro, e a giudizio della giuria potrà essere assegnato alla miglior opera di narrativa, al miglior saggio o diviso equamente fra le due sezioni che lo caratterizzano.
In attesa di conoscere il nome del vincitore, il neo presidente del premio, il giornalista Sergio Frigo, guarda già ai possibili sviluppi della manifestazione: «Dal punto di vista dei contenuti culturali credo sia importante far uscire l’iniziativa dall’ambito ristretto del Nordest, istituendo dei legami, ad esempio, con i festival letterari. Sto pensando in primis a Pordenonelegge» – spiega.
Un altro aspetto su cui Frigo intende puntare è legato «alla filosofia di Rigoni Stern rispetto al tema dei confini, per aprire il premio ad una connotazione internazionale. Per Rigoni Stern le Alpi non costituivano una barriera ma una comunità di persone che si incontravano e scambiavano esperienze — fa notare —. In cantiere abbiamo un paio di collaborazioni con la Francia, anche in vista del decennale della morte di Mario (16 giugno), che aveva come nume tutelare il protagonista del suo libro Storia di Tönle, questa figura di pastore contrabbandiere ed eterno fuggiasco che attraversa tutti i Paesi» — conclude.
Una lunghezza d’onda che Paolo Rumiz — scrittore ed editorialista de La Repubblica, membro della giuria del premio — riprende e rilancia: «È importante secondo me allargare l’ambito di raccolta dei testi, anche spostandoci il più possibile dal mondo alpino, inglobando altri Paesi europei, e soprattutto l’Appennino che rappresenta in fondo la vera sfida del Paese — afferma —. Le Alpi “stanno in piedi da sole”, l’Appennino anche di recente ha rivelato la sua fragilità di zona sismica e al contempo periferica rispetto all’Europa. È inoltre completamente dimenticato dalle istituzioni» — osserva. Ma c’è un altro aspetto che sta a cuore a Rumiz: «Penso sia fondamentale che si lavori di più sul tema dell’ecologia — aggiunge —. Personalmente sono un po’ stanco di letteratura alpinistica, anche perché è difficile produrre qualcosa di nuovo. Manca invece terribilmente il racconto di gente che si impegna sul fronte dell’equilibrio ambientale».
Dallo scorso anno il Premio Mario Rigoni Stern si è arricchito della sezione «Il Guardiano dell’Arca» ora intitolata a Osvaldo Dongilli, tra i fondatori del premio e venuto prematuramente a mancare lo scorso anno. Amico di Rigoni Stern, con lui Dongilli condivideva i valori e l’amore per la montagna. Per questo il riconoscimento andrà a una persona che si è distinta per la sua vita e per l’attività a difesa del paesaggio, del territorio e delle radici. La cerimonia di consegna di detto premio avverrà sempre il 24 marzo a Riva del Garda. «Per quanto riguarda la figura del Guardiano dell’Arca — approfondisce Rumiz — da alcuni del comitato viene interpretata in modo più restrittivo, in direzione di chi svolge un’attività produttiva, come pastori e coltivatori. C’è poi una visione più ampia, in cui mi identifico, che vorrebbe inserire coloro che possono vantare una storia di resistenza in montagna. Persone cioè, che nonostante tutto continuano a vivere e abitare la montagna e per questo possono offrire qualcosa in più. Può essere il gestore di un rifugio periferico, ma anche un pastore transumante del profondo Sud che nella sua attività deve fare i conti con la pressione malavitosa». L’attenzione di Rumiz si appunta in particolare sulle «tante situazioni virtuose di resistenza che andrebbero narrate. Se noi offriamo all’opinione pubblica una grande storia virtuosa in cui ci si possa riconoscere, ciò attirerebbe grande interesse attorno al premio» — conclude.
Rumiz Penso sia importante lavorare più sul tema ecologico