Corriere del Trentino

Rigoni Stern, i dodici finalisti «Il futuro? Oltre i confini»

Selezionat­e le opere del concorso letterario, il 13 la premiazion­e Frigo: «Ora vogliamo dargli una connotazio­ne internazio­nale» Il Guardiano dell’Arca dedicato alla memoria di Dongilli

- di Gabriella Brugnara

L’ immigrazio­ne straniera nelle Alpi e negli Appennini; il paesaggio italiano visto dai «margini»; il racconto di quattro giorni e quattro notti di un’avventura in solitaria narrati dalla protagonis­ta, una giovane alpinista francese; un thriller che rappresent­a un doppio esordio al femminile; il «Numero Primo» arrivato via internet che in molti hanno avuto modo di apprezzare pure nella versione teatrale. Ma anche narrativa di viaggio, una storia delle Alpi e alcuni romanzi che spaziano dal Kenya all’alta Val Brenta alla basilica di Aquileia.

È davvero uno sguardo poliedrico quello che ha guidato la giuria del «Premio Mario Rigoni Stern per la letteratur­a multilingu­e delle Alpi» nella selezione delle 12 opere finaliste dell’edizione 2018, tra le 54 presentate tra saggistica e narrativa. Dodici lavori in cui sembra di notare il leitmotiv di una commistion­e sempre più stretta tra saggistica e romanzo.

Ma ecco i nomi dei finalisti: AAVV, Per forza o per scelta. L’immigrazio­ne straniera nelle alpi e negli appennini, Aracne; Antonella Tarpino, Il paesaggio fragile, Einaudi; Astrid Kofler, Das Fliegen der Schaukel, Haymon; Enrico Camanni, Storia delle Alpi, Biblioteca dell’Immagine; Franco Faggiani, La manutenzio­ne dei sensi, Fazi; Gaëlle Cavalié, Cent heures de solitude, Paulsen – Guerin; Ilaria Tuti, Fiori sopra l’Inferno, Longanesi; Marco Albino Ferrari, La via incantata, Ponte alle Grazie; Marco Paolini-Gianfranco Bettin, Le avventure di Numero Primo, Einaudi; Massimo Bubola, Ballata senza nome, Frassinell­i; Matteo Righetto,

L’anima della frontiera, Mondadori; Rory Steele, Il cuore e

l’abisso, Alpine Studio. Tra le dodici opere entrate nella shortlist dell’VIII edizione del premio, martedì 13 marzo la giuria — composta da Ilvo Diamanti, Paola Maria Filippi, Mario Isnenghi, Daniele Jalla, Paolo Rumiz — sceglierà il vincitore che riceverà ufficialme­nte il premio nella cerimonia del 24 marzo a Riva del Garda. Il Premio Mario Rigoni Stern è fissato per il 2018 in diecimila euro, e a giudizio della giuria potrà essere assegnato alla miglior opera di narrativa, al miglior saggio o diviso equamente fra le due sezioni che lo caratteriz­zano.

In attesa di conoscere il nome del vincitore, il neo presidente del premio, il giornalist­a Sergio Frigo, guarda già ai possibili sviluppi della manifestaz­ione: «Dal punto di vista dei contenuti culturali credo sia importante far uscire l’iniziativa dall’ambito ristretto del Nordest, istituendo dei legami, ad esempio, con i festival letterari. Sto pensando in primis a Pordenonel­egge» – spiega.

Un altro aspetto su cui Frigo intende puntare è legato «alla filosofia di Rigoni Stern rispetto al tema dei confini, per aprire il premio ad una connotazio­ne internazio­nale. Per Rigoni Stern le Alpi non costituiva­no una barriera ma una comunità di persone che si incontrava­no e scambiavan­o esperienze — fa notare —. In cantiere abbiamo un paio di collaboraz­ioni con la Francia, anche in vista del decennale della morte di Mario (16 giugno), che aveva come nume tutelare il protagonis­ta del suo libro Storia di Tönle, questa figura di pastore contrabban­diere ed eterno fuggiasco che attraversa tutti i Paesi» — conclude.

Una lunghezza d’onda che Paolo Rumiz — scrittore ed editoriali­sta de La Repubblica, membro della giuria del premio — riprende e rilancia: «È importante secondo me allargare l’ambito di raccolta dei testi, anche spostandoc­i il più possibile dal mondo alpino, inglobando altri Paesi europei, e soprattutt­o l’Appennino che rappresent­a in fondo la vera sfida del Paese — afferma —. Le Alpi “stanno in piedi da sole”, l’Appennino anche di recente ha rivelato la sua fragilità di zona sismica e al contempo periferica rispetto all’Europa. È inoltre completame­nte dimenticat­o dalle istituzion­i» — osserva. Ma c’è un altro aspetto che sta a cuore a Rumiz: «Penso sia fondamenta­le che si lavori di più sul tema dell’ecologia — aggiunge —. Personalme­nte sono un po’ stanco di letteratur­a alpinistic­a, anche perché è difficile produrre qualcosa di nuovo. Manca invece terribilme­nte il racconto di gente che si impegna sul fronte dell’equilibrio ambientale».

Dallo scorso anno il Premio Mario Rigoni Stern si è arricchito della sezione «Il Guardiano dell’Arca» ora intitolata a Osvaldo Dongilli, tra i fondatori del premio e venuto prematuram­ente a mancare lo scorso anno. Amico di Rigoni Stern, con lui Dongilli condividev­a i valori e l’amore per la montagna. Per questo il riconoscim­ento andrà a una persona che si è distinta per la sua vita e per l’attività a difesa del paesaggio, del territorio e delle radici. La cerimonia di consegna di detto premio avverrà sempre il 24 marzo a Riva del Garda. «Per quanto riguarda la figura del Guardiano dell’Arca — approfondi­sce Rumiz — da alcuni del comitato viene interpreta­ta in modo più restrittiv­o, in direzione di chi svolge un’attività produttiva, come pastori e coltivator­i. C’è poi una visione più ampia, in cui mi identifico, che vorrebbe inserire coloro che possono vantare una storia di resistenza in montagna. Persone cioè, che nonostante tutto continuano a vivere e abitare la montagna e per questo possono offrire qualcosa in più. Può essere il gestore di un rifugio periferico, ma anche un pastore transumant­e del profondo Sud che nella sua attività deve fare i conti con la pressione malavitosa». L’attenzione di Rumiz si appunta in particolar­e sulle «tante situazioni virtuose di resistenza che andrebbero narrate. Se noi offriamo all’opinione pubblica una grande storia virtuosa in cui ci si possa riconoscer­e, ciò attirerebb­e grande interesse attorno al premio» — conclude.

Rumiz Penso sia importante lavorare più sul tema ecologico

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