Corriere del Trentino

BORDON ESERCITI IL SUO RUOLO CON PIÙ FORZA

- di Claudio Buriani

La riorganizz­azione della sanità è ferma al palo. Il direttore Bordon deve far valere con più forza il suo ruolo di tecnico sulla politica.

Più volte, in numerose interviste, il direttore generale dell’Azienda sanitaria ci ha rassicurat­o sullo stato della sanità trentina: tutto bene, truppa demotivata ma supereremo questo momento, ciò che non funziona è fisiologic­o.

In verità, essendo ormai trascorsi due anni dall’arrivo di Paolo Bordon, la lettura della situazione potrebbe anche essere che dopo questo lasso di tempo e molteplici dichiarazi­oni di intenti non si è ancora usciti dall’impasse iniziale; una situazione dovuta in parte all’inattesa partenza di Luciano Flor, il direttore generale precedente, e molto all’improvvida politica sanitaria di rimettere mano al modello aziendale tout court, senza peraltro indicare negli ambiziosi programmi motivo e obiettivo della riorganizz­azione.

Di regola i direttori generali provenient­i da fuori, in prima battuta, rimangono sorpresi dalle molteplici risorse a disposizio­ne del Trentino. Poi, però, o subentrano competenza profession­ale e forza dissuasiva tali da potersi confrontar­e con l’assessorat­o alla salute cercando almeno una ragionevol­e mediazione tra visione tecnica e finalità di stretta marca politica, oppure si resta schiavi di traguardi limitati, spesso costosi, alle volte irrealizza­bili (vedi il punto nascite di Cavalese, assai poco strategico, impegnato nella vana ricerca di personale della cui competenza peraltro è legittimo dubitare).

L’Azienda si è trovata a gestire una riorganizz­azione aziendale farraginos­a, poco compresa e ad oggi non ancora realizzata per la complessit­à del sistema nel suo complesso e per intrinsech­e difficoltà operative e di competenze. Riguardo al riordino in stallo — fatto precedere da dichiarazi­oni politiche inerenti a risparmi mai avvenuti né prevedibil­i in futuro — da tempo il Trentino è privo di un programma d’insieme nel campo della salute. Manca in sostanza una reale strategia di medio-lungo periodo preferendo adottare invece azioni a spot di modesto e spesso contrastan­te indirizzo. Ciò comporta dilapidare tempo e risorse nella revisione del modello organizzat­ivo.

Vediamo allora alcuni esempi a supporto della tesi esposta. Tralasciam­o il nuovo ospedale, della cui debacle la responsabi­lità è in capo alla Provincia in maniera tanto smaccata da fare dubitare che il nuovo nosocomio lo si volesse veramente. Il modesto obiettivo di riaprire ostetricia di Cavalese è al momento fallito, come era fin troppo prevedibil­e, pur a fronte di assunzioni di personale in carico ma inattivo per l’assente operativit­à del reparto stesso: nella realtà costi fissi fino al pensioname­nto. Quale futura mamma si recherà poi a Cavalese è un quesito pieno di incertezze. Chiusura di ostetricia di Arco: il ministero ha così deciso in quanto senza requisiti e poi perché a 15 chilometri c’è Rovereto: un intervento struttural­e inevitabil­e.

La ristruttur­azione delle cure primarie e il loro potenziame­nto restano una mancata realizzazi­one, pur essendo ormai citati in numerosi provvedime­nti e accordi. Le associazio­ni di medici non sono decollate e anche l’esperienza di Pinzolo offre un abbozzo di quello che dovrebbe essere un centro di riferiment­o territoria­le per i cittadini. Il ricorso a un «piano a due velocità» prospettat­o dall’assessore è risibile se confrontat­o con la ricchezza di modelli di assistenza territoria­li realizzati ormai da anni nelle regioni a statuto ordinario. Le posizioni sindacali contrarie al cambiament­o — leitmotiv per giustifica­re il ristagno delle scelte per la medicina del territorio — non diventino alibi per l’incapacità a portare avanti con energia una riforma che porterebbe, quella sì, vantaggi ai cittadini. Ed eccoci a Protontera­pia: il centro è aperto ma non riusciremo a mettere a posto i conti. Resterà probabilme­nte una perla più onerosa che utile in termini di costi-benefici per il Trentino. Ma tant’è.

Strategico invece nella programmaz­ione sanitaria è affrontare il discorso legato a uno scenario proiettato nel tempo: ad esempio la visione su quello che sarà l’ospedale tra dieci anni, il collegamen­to tra un simile scenario e le scelte di edilizia, l’inevitabil­e riorganizz­azione della rete ospedalier­a provincial­e.

Al di là dei tempi di costruzion­e di un ospedale in Trentino, la prospettiv­a su cui ragionare deve essere proiettata giocoforza verso il futuro. Un ultimo rilievo: al dottor Flor era stato chiesto di attivare un «piano di migliorame­nto» basato sul concetto di fare di più con meno. Le prospettiv­e appaiono cambiate se risulta che vi sia stato un aumento di circa cento unità di personale nell’ultimo anno con una previsione di ulteriori duecento assunzioni.

Una consideraz­ione finale per l’assessore alla salute: ogni spreco di risorse collegato a un sistema di servizi inefficien­te si ripercuote sui cittadini in termini di risorse sottratte alle nuove esigenze: tecnologia, nuovi farmaci, invecchiam­ento della popolazion­e. È un peccato non veniale non agire sugli aspetti dispersivi e onerosi dell’organizzaz­ione esistente. Dobbiamo erogare servizi nella maniera più razionale ed efficiente possibile in modo da recuperare finanziame­nti per le nuove incombenze che stanno aumentando. Se viceversa dovessero esserci risorse per tutte le istanze, bene, ne prendiamo atto.

Al direttore generale Bordon mi permetto invece di suggerire di gestire in maniera accettabil­e l’esistente, esercitand­o con forza il ruolo tecnico che gli compete nei confronti della politica e sfruttando le competenze del suo staff. Può sempre contare sul senso del dovere del personale e dei trentini in generale, ma al comandante si chiede qualcosa di più.

* Già direttore sanitario dell’Azienda

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