Profughi lasciati senza bus «Già successo altre volte»
In attesa alla fermata della linea 1: «Un cenno? Lo facciamo sempre» Dentro al campo: «I lavori stanno proseguendo, ma siamo troppi»
«Una o due volte, mona? È successo molto più spesso. L’ho visto con i miei occhi, c’ero quando hanno fatto quei video». Insieme all’italiano Amit ha imparato benissimo anche l’intercalare trentino. Il primo lo ha studiato ai corsi organizzati per lui e per gli altri richiedenti asilo, il secondo lo ha appreso ascoltando parlare i giovani roveretani al bar, in piazza, alla fermata dell’autobus o a bordo di essi. Della linea 1, in particolare, quella che i migranti ospitati nel campo di Marco di Rovereto utilizzano per raggiungere la Città della Quercia e tornare indietro. Uno dei conducenti di quella linea, il consigliere comunale di Avio Moreno Salvetti, si trova ora al centro di una bufera, accusato di non aver fatto salire a bordo del mezzo che guidava i migranti in attesa alla fermata di via Pinera in due occasioni. Episodi ripresi anche con i telefonini e sui quali sia la Provincia sia Trentino Trasporti hanno condotto degli accertamenti dai quali sarebbe emerso che le due violazioni sono state effettivamente commesse. Per tali ragioni è stato avviato un procedimento disciplinare nei confronti del dipendente, che ora rischia anche il licenziamento. Inoltre, hanno spiegato Piazza Dante e l’azienda attraverso una nota, «il caso è stato segnalato alla Procura».
Provincia e Trentino Trasporti avevano ricevuto «plurime» segnalazioni nel corso del mese di dicembre nelle quali si evidenziava «la mancata effettuazione sistematica» della fermata «da parte di un autista». Secondo Amit e altri ragazzi che ieri attendevano l’autobus proprio a quella fermata, però, gli episodi sarebbero stati di più e nemmeno la giustificazione fornita da Salvetti li convince. L’autista di Trentino Trasporti ha spiegato che le persone presenti alla fermata non avrebbero segnalato la volontà di salire a bordo con un gesto. «Di dieci persone alla fermata forse una non ha fatto segno» sostiene Amit e il ragazzo accanto a lui conferma: «Ormai sappiamo come funziona».
Il via vai dalle fermate al campo e dal campo alle fermate è continuo e gli autobus si fermano regolarmente. «Mai avuto problemi» sostiene Sefu, il quale ammette di essere stato fatto scendere in alcune occasioni «ma perché avevo preso l’autobus che fa il giro più lungo e non avevo i soldi per pagare tutta la corsa».
Problemi che si sommerebbero a problemi. Lo scorso 3 gennaio un gruppo di circa 80 persone accolte nel campo della Protezione civile ha protestato bloccando l’accesso all’area e reclamando migliori condizioni di vita nonché tempi di attesa più brevi per la valutazione delle domande di protezione internazionale e dei ricorsi. «Quando ci hanno portato qui ci avevano detto che avremmo dovuto rimanerci sei o sette mesi ma c’è chi aspetta da più di un anno — lamenta Amit — È per questo che qualcuno si è scaldato». Il compito di esaminare le richieste spetta Commissione statale, mentre per quanto di competenza della Provincia l’assessore Luca Zeni aveva spiegato in occasione della protesta di gennaio che «alleggerire i grandi centri è un obiettivo primario del progetto trentino di accoglienza ma la presenza di strutture più grandi è difficilmente eliminabile».
«Fa freddo, piove dentro e quando mettiamo a stendere i vestiti appena lavati ci cade l’acqua sopra» spiega Hasani. «Un po’ alla volta questi problemi si stanno risolvendo» aggiunge però Sefu. Per lui, Amit, e la maggior parte degli altri il problema principale è un altro: «Viviamo in dei container. Siamo tanti. Troppi». Duecentotrequattro, tante le persone ospitate dal campo all’1 gennaio scorso secondo i dati Cinformi. Numero che mercoledì scorso era sceso a 177.
Hasani «Nella struttura piove e fa freddo. Quando stendiamo i vestiti ci cade l’acqua sopra»