«Ricerca, mancano risorse No vax? Vale la scienza»
Garattini: «L’omeopatia non ha nessuna base rilevante»
«La ricerca in Italia è in TRENTO pericolo. Non potenziarla porterà al declino dell’intero Paese». Silvio Garattini compirà 90 anni il prossimo 12 novembre, ma l’energia con cui porta avanti le sue idee è la stessa di sempre. Bergamasco determinato e appassionato, tra gli scienziati più noti e premiati al mondo, fondatore e direttore dell’Istituto di ricerca Mario Negri di Milano, domani sarà a Trento per partecipare all’incontro «La ricerca clinica: criticità e prospettive» organizzato dal Centro Jean Monnet presso la Facoltà di Giurisprudenza (ore 11) nell’ambito del corso di studi in BioLow.
Professore, qual è lo stato di salute della ricerca italiana?
«La ricerca in Italia è in pericolo. Abbiamo dei buoni ricercatori che non possono esprimersi perché mancano le risorse necessarie e non possiamo realizzare le masse critiche richieste per affrontare i grandi problemi. Per unità di popolazione abbiamo la metà dei ricercatori della media europea, la Germania spende il 3,5% del suo Pil, l’Italia appena l’1,2%. E i soldi arrivano con anni di ritardo».
Quali saranno le conseguenze?
«La mancanza di ricerca comporterà il declino del nostro Paese. Tante multinazionali hanno già portato via dall’Italia i loro laboratori, ma i politici non capiscono che senza di essa non si può competere con il resto del mondo e che è essenziale per migliorare il Servizio sanitario nazionale».
A proposito di multinazio- nali del farmaco, tra qualche mese entrerà in vigore il nuovo regolamento europeo che disciplinerà la ricerca, la sperimentazione e la commercializzazione dei nuovi farmaci. Cosa cambierà?
«Non credo che vi saranno molti cambiamenti, salvo il numero dei Comitati etici che la nuova legge Lorenzin stabilisce non debbano essere più di 40 per tutta Italia. Altre regole dipenderanno dai decreti che dovranno essere emessi entro i prossimi 12 mesi anche se, con l’attuale mancanza di governo, i termini slitteranno».
Nella cura dei tumori, invece, a che punto siamo?
«Se ogni anno muoiono ancora circa 170.000 persone vuol dire che c’è ancora tanto da fare. Purtroppo, molti dei nuovi farmaci hanno solo la caratteristica di essere incredibilmente costosi».
Non crede che la nostra società stia vivendo una fase di iper-medicalizzazione?
«Certamente. Il mercato della medicina coinvolge tutta la nostra vita e questo è negativo perché l’idea che con i farmaci o con gli integratori alimentari si possa risolvere tutto penalizza la prevenzione, un’attività che invece dovrebbe essere basilare».
Esistono farmaci inutili?
«Sì, si tratta di prodotti che non comportano alcun vantaggio per i pazienti. Nel Ssn ci sono molti doppioni con prezzi diversi: di un solo farmaco antidolorifico ve ne sono ben 44 copie! È ora di rivedere il Prontuario terapeutico nazionale: l’ultima revisione è di 25 anni fa».
Al contempo, però, aumentano i profeti delle cure oncologiche alternative e si ingrossa il popolo dei no-vax. Come possiamo evitare di cadere nelle maglie delle fake news?
«Non è facile perché nella cultura scolastica la ricerca non è presente. Se è utile vaccinarci non possiamo chiederlo all’arte, alla filosofia o alla letteratura: è solo la scienza che può darci una risposta».
Anche l’omeopatia è una «falsa amica» della salute?
«Naturalmente. L’omeopatia è una storia che risale alla fine del ‘700 e che non ha alcuna base scientifica. Tali prodotti non contengono nulla di scientificamente rilevante, si possono addirittura cambiare le etichette senza che nessuno se ne accorga».
Cosa pensa della legge sul fine vita?
«Le leggi italiane sono poco chiare e questo crea molte difficoltà ai medici. Personalmente, credo che il paziente debba avere sempre il diritto di decidere e le normative dovrebbero facilitare e non ostacolare il rapporto medico-paziente».
Le sperimentazioni sugli animali sono ancora un passaggio obbligato?
«Non se ne può fare a meno. Quelle che vengono presentate come tecniche alternative sono già presenti nei nostri laboratori e sono di tipo complementare. Difficilmente le ricerche in vitro potranno sostituire gli studi in vivo. E comunque, oggi, è più difficile fare sperimentazioni nei topi che nell’uomo e anche questo penalizza la ricerca italiana».
Il metodo «Non si può fare a meno delle sperimentazioni sugli animali»