Schiller vibra in teatro
La pièce Marco Sciaccaluga porta al Puccini e allo Stabile «Intrigo e amore» Da quel «disperato anelito giovanile» una riflessione sulle nuove generazioni
Intrigo e amore, il titolo potrebbe dire tutto e invece dice pochissimo. Perché la tragedia che andrà in scena martedì al Puccini di Merano e da giovedì a domenica al Comunale di Bolzano, è molto di più di una storia d’amore. È vero, racconta l’incontroscontro fra due classi, la nobiltà ricca e la piccola borghesia povera, ma al centro della pièce scritta da Schiller nel 1783, non c’è solo «il disperato anelito giovanile di libertà e amore», ma anche, e soprattutto, la paura o meglio, le paure. Per esempio, quelle che assillano Luise e che Ferdinand prova a fugare così: «A me, invece, fa paura una cosa soltanto: che il tuo amore abbia dei limiti e non vada più in là. Non voglio più sentirti parlare di paura, amore mio».
Niente di nuovo, tutti sappiamo che la paura è la prima nemica degli «aneliti di libertà e amore». Con Marco Sciaccaluga, regista dello spettacolo, siamo partiti dalla libertà: «Schiller sventola con orgoglio la bandiera della libertà. Di tutti e di ogni singolo individuo. Per questo Intrigo e amore parla ancora a tutti in modo così vibrante». Senza dimenticare l’amore...
«Siamo nel tardo Settecento, l’amore sta diventando una scelta personale, una chiamata individuale a scapito del contratto matrimoniale. Ma dal testo emerge chiaramente anche la bulimia dell’autore. Se lo avessi messo in scena integralmente, lo spettacolo sarebbe durato sei ore, io ne ho tagliato la metà circa. Schiller lo ha scritto che aveva ventiquattro anni con la tipica voglia dei giovani di dire tutto».
Anche quelli di oggi? Spesso si ha la sensazione che, al contrario, abbiano paura di dire qualsiasi cosa.
«È un’impressione che ho anche io che li frequento con continuità. Sembrano aver paura di esprimersi. Quelli che sono stati i miei maestri a Genova negli anni Settanta, penso a Chiesa e Squarzina, erano assediati dalle contestazioni giovanili. Io, invece, non ricevo contestazioni; i giovani di oggi sembrano preferire l’indifferenza o lo sfogo sui social. È un atteggiamento che mi spaventa, è come se avessero paura del futuro. Un sentimento comprensibile, vista la precarietà in cui sono costretti. Ma vorrei citare un appunto che ho ritrovato nei diari di Schiller». Prego...
«Scrive Schiller: “Oggi mia figlia compie sette anni. Io ho finito il secondo atto di Intrigo
e amore. Che alla mia piccola sia evitato un destino come quello di Luise, spero trovi la forza della libertà”». Per questo ha portato in scena «Intrigo e amore»?
«A dire il vero, è colpa di una passione antica verso l’autore che venne stuzzicata dalla visione del film La marquise d’O di Érich Rohmer. Ambientato a fine Settecento, mi colpi perché mostrava come un mondo così lontano dal nostro ci somigliasse. Ancor meglio, mi fece capire come gli esseri umani avessero le nostre stesse costanti emotive e psicologiche nonostante vivessero in società con sistemi morali molto diversi dall’attuale. Terminato il film mi misi a leggere Schiller molto più approfonditamente e mi imbattei in quel capolavoro che è Intrigo e amore. Pensai già allora di portarlo in scena. L’occasione mi è capitata due anni fa, a quaranta di distanza dall’uscita del film».
Prodotto dallo Stabile di Genova, lo spettacolo vedrà protagonisti Simone Toni (Ferdinand), Alice Arcuri (Luise), Roberto Alinghieri, Enrico Campanati, Andrea Nicolini, Orietta Notari, Stefano Santospago, Mariangeles Torres, Marco Avogadro, Daniela Duchi e Nicolò Giacalone.