Aquaspace, i giudici del Riesame «Sistematicità delle violazioni»
Impianto sotto sequestro, ecco le motivazioni del Riesame. Indagato il legale rappresentante
Parlano di «sistematicità delle violazioni» i giudici del Tribunale del riesame che hanno respinto la richiesta di dissequestro del depuratore di Aquaspace a Rovereto. Il collegio spiega che i rifiuti venivano diluiti per occultare gli inquinanti. Indagato il responsabile.
TRENTO L’impianto accusatorio ha retto, ma si tratta solo del primo step. La società è pronta a dare battaglia e la difesa, sostenuta dagli avvocati Andrea Tomasi e Paola Ficco, ha da sempre ribadito che tutto il processo di depurazione e trattamento rifiuti avveniva nel pieno rispetto delle leggi di settore.
La Procura di Trento è convinta del contrario e lo sono anche i giudici del tribunale del Riesame, presieduto da Guglielmo Avolio, con a latere i colleghi Enrico Borrelli e Greta Mancini, che a inizio marzo hanno respinto l’istanza di dissequestro dell’impianto di Aquaspace spa, fermo dal 13 febbraio scorso. Nelle nove pagine di motivazione i giudici contestano, punto per punto le controdeduzioni della difesa, e parlano di «sistematicità delle violazioni». La Procura ha iscritto nel registro degli indagati il legale rappresentante e responsabile per gli aspetti ambientali della società, Tiziano Battistini. È accusato di traffico illecito di rifiuti.
Secondo la ricostruzione dei due pm della Dda, Alessandra Liverani e Davide Ognibene, nel depuratore di via del Garda verrebbero smaltiti rifiuti in maniera irregolare. Un’ipotesi condivisa dal collegio; nel provvedimento si parla di immissione nell’impianto di rifiuti liquidi che non potevano essere trattati. Da quanto trapela dagli atti e dalle intercettazioni da parte degli investigatori della polizia giudiziaria della Procura la società, che da cinque anni lavora anche con aziende terze, avrebbe sostanzialmente diluito i rifiuti liquidi in modo da «occultare la presenza di tossici o inquinanti». Secondo la ricostruzione dell’accusa se un rifiuto liquido pericoloso viene diluito con elevate quantità di liquido inerte nel corso delle analisi non si riesce a individuare l’inquinante. Di fatto cambia solo la percentuale di concentrazione, ma non perde i suoi effetti inquinanti. Il rifiuto dovrebbe essere trattato, ma questo porterebbe ad un aumento dei costi.
La Procura contesta il trattamento di rifiuti non previsti dall’omologa e quindi non potevano essere trattati e la miscelazione di rifiuti non pericolosi con quelli pericolosi.
Accuse respinte al mittente dalla difesa: «L’omologa viene compiuta con rigore selettivo». Inoltre nell’ottica della difesa l’omologa non fisserebbe dei limiti di concentrazione degli inquinanti all’interno del rifiuto liquido, ma indicherebbe solo la tipologia del rifiuto, quindi con la conseguente valutazione di trattabilità o meno. Tesi smentita, ad avviso dei giudici, dalle indagini condotte che avrebbero confermato l’inserimento nell’impianto di rifiuti difformi rispetto all’omologa.
Dagli atti emergerebbero — evidenziano i giudici nelle motivazioni — comportamenti illeciti da parte della società «sistematici con accordi con i clienti e trattativa dei prezzi». In sintesi secondo i giudici il responsabile della società ben sapeva che quei rifiuti non potevano essere trattati nell’impianto di via del Garda, ma avrebbe continuato a operare in questo modo per una questione di risparmi. La natura del rifiuto trattato non verrebbe modificata dal trattamento nell’impianto di Aquaspace.
I giudici parlano di «mascheramento del prodotto finale»; dall’impianto di Rovereto sarebbero usciti ritenuti «non pericolosi», ma nella realtà dei fatti, secondo l’accusa, non sarebbe così. Ora si attende l’incidente probatorio davanti al gip fissato per la prossima settimana che potrebbe dare il via libera agli esami di laboratorio. In gioco c’è tanto: il futuro di un’azienda importante sulla quale è stato investito molto e 78 posti di lavoro che ora sono seriamente a rischio.