Promossa l’alternanza scuola-lavoro
Riforma, coinvolti 15.000 studenti. Coletti (Tama): il 54% assunto dopo il tirocinio
Numeri triplicati in tre anni. L’alternanza scuola-lavoro, in Trentino, piace: attualmente sono 12.643 gli alunni di licei e istituti tecnici coinvolti in stage e tirocini, a cui si aggiungono i 2.964 della formazione professionale. Ieri, al Collegio Arcivescovile, il primo bilancio della riforma, alla presenza di studenti, tutor aziendali e scolastici, imprese e categorie. «Ciò che conta è creare esperienze di qualità, coerenti con il percorso di studio» ha detto Ugo Rossi.
TRENTO I numeri sono triplicati. A tre anni dall’applicazione dell’alternanza scuola-lavoro, la prima retrospettiva sull’andamento in Trentino ha offerto uno spaccato statistico. Risultato: oggi sono 12.643 gli alunni di licei e istituti tecnici coinvolti in stage e tirocini, a cui si aggiungono i 2.964 della formazione professionale. Tradotto: più di 15.000 ragazzi – erano poco meno di 6.500 nel 2015 - ospitati da 2.350 aziende che offrono percorsi per liceali e studenti di istituti tecnici e altre 1.848 che accolgono allievi dei cicli professionali. Solo lo scorso anno, l’alternanza s’è tradotta in 1,53 milioni di ore spese fuori dalle aule. Per il primo bilancio della riforma, in agenda ieri al Collegio Arcivescovile, la Provincia ha chiamato a raccolta tutti: studenti, tutor aziendali e scolastici, imprese, categorie. Livia Ferrario, dirigente generale del dipartimento della conoscenza, ha snocciolato i numeri «dell’esperienza educativa obbligatoria per tutti gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole secondarie di secondo grado e del terzo e quarto anno della formazione professionale». Per quanto riguarda licei e istituti tecnici, gli studenti coinvolti nell’alternanza erano 4.455 nel 2015/2016; 8.674 nel 2016/2017 e 12.643 nell’anno in corso. Nel caso della formazione professionale si è passati dai 2.052 ragazzi del 2015 ai 2.964 di oggi. Ancora: 846 sono i tutor scolastici e 4.091 quelli aziendali. Un capitolo a parte merita l’apprendistato duale, il modello di formazione professionale che prevede un contratto di lavoro finalizzato al conseguimento di un titolo di studio. Dai primi sei studenti del 2015 si è arrivati agli attuali 44 apprendisti, ospitati da 33 aziende. «Ciò che conta è creare esperienze di qualità, coerenti con il percorso di studio — ha esordito il governatore Ugo Rossi — quest’avventura ha un germe positivo: genera un incontro che offre un’occasione». Una chance occupazionale, s’intende. «Non possiamo più avere una scuola che si occupa dei nostri studenti solo al mattino — ha aggiunto — il ruolo educativo deve riadattarsi alla società e le imprese possono aiutarci». A chi contesta il peso simbolico assegnato a un’esperienza lavorativa negli anni della formazione di base, Rossi ha risposto citando la Costituzione: «Abbiamo sentito qualche critica, basata sull’assunto che la scuola deve creare cittadini e non lavoratori; ma questa dicotomia deve sparire. Il primo articolo della nostra Costituzione dice che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro: è questo il primo principio della cittadinanza». Ancora: Rossi ha ribadito il valore strategico del patto scuole-imprese, quale leva «per la competitività». «Un’opportunità — ha fatto eco il segretario della Cgil, Franco Ianeselli — ma l’alternanza non serve a imparare un mestiere, è piuttosto un modo per riflettere sul lavoro». Uno spazio trasversale per stimolare la creatività dei giovani, dunque, anziché una semplice prestazione professionale: «Non mi piace quando si dice che l’alternanza insegna ai ragazzi a tenere la testa bassa» ha aggiunto. Rivolgendosi direttamente agli studenti in sala, il segretario ha poi suggerito di non perdere lo slancio critico: «Usate la carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza, perché ogni percorso dev’essere pensato». Servirà ancora qualche aggiustamento, ha concluso, «per affinare la qualità» dei tirocini.