«Poker» di Graiff in una Trento noir
Romanzo d’esordio del musicista dei Clara Can’t Escape
Poker è il romanzo d’esordio del trentino Stefano Graiff, uscito a gennaio per la casa editrice pugliese Lettere Animate, e ambientato in una Trento livida e corrotta. Un
noir atipico dove il gioco del poker è utilizzato come drammatico espediente per cui il protagonista mette in palio la propria vita. E poi un gioco di
flashback che ripercorre la storia di Max e fa emergere le ragioni che hanno portato a quel drammatico epilogo. Un passato in orfanotrofio dove ha conosciuto Mary, tanto amata da bambina e quasi irriconoscibile ora, invischiata in una situazione molto pericolosa da cui tutti gli consigliano di tenersi lontano. Tra le righe di un romanzo assai avvincente, e accattivante fin dalla sua copertina, emergono le passioni dell’autore per la musica rock, la psicologia e lo studio della mente. Stefano Graiff, classe 1982, è conosciuto nella scena rock trentina per essere chitarrista e fondatore dei Clara Can’t Escape assieme a Francesca Lucchi e Manuel Facchinelli. Ne abbiamo parlato con l’autore di Poker, in versione e-book che cartacea al prezzo di 14 euro.
Nel suo caso la passione per la scrittura va di pari passo con quella per la musica.
«Direi di sì perché già alle medie ho cominciato a scrivere le prime storie e nello stesso periodo ho iniziato a suonare la chitarra. Prima di Poker ho pubblicato due libri, delle storie legate agli studi di psicologia come Non è la solita storia va oltre una questione di chimica e Una rosa nei jeans. Poker è un romanzo più strutturato: è stato pubblicato nella collana thriller dall’editore ma si avvicina di più al genere
noir. La mie passioni musicali per Black Sabbath, Marilyn Manson e Staind emergono attraverso gli ascolti del protagonista mentre gioca la sua partita o ricorda il suo passato».
Perché ha deciso di mettere il gioco del poker al centro del suo romanzo e una Trento velatamente corrotta sullo sfondo?
«Tra i giochi di carte il poker è quello che più mi trasmette l’idea del rischio. Ci gioco con gli amici ma non ho una passione esagerata: mi serviva come espediente narrativo per la scrittura e descrivo la variante più pericolosa, chiamata Texas Hold’em, in cui ci si gioca la vita. Trento è la città in cui vivo e rappresenta lo sfondo in cui si svolge l’azione: le connotazioni geografiche sono facili da individuare a parte il capannone abbandonato a Trento nord e l’orfanotrofio. La corruzione è funzionale alla storia, che per lo più è di fantasia. Mi auguro che nella realtà ce ne sia meno di quanto emerge dal libro».
Quali i riferimenti letterari che più l’hanno influenzata nella scrittura di “Poker”?
«Ho utilizzato un linguaggio crudo e diretto ispirandomi allo stile di Chuck Palahniuk e Irvine Welsh. Il protagonista è immerso in un contesto di un certo tipo ma mentre racconta dimostra di possedere una cultura. Dal punto di vista della storia amo molto la scrittura di Chandler come giallista e in Italia apprezzo autori diversi tra di loro come Alessandro Baricco e Gianluca Morozzi».