Lo spettacolo su Rebora Grande guerra e poesia
«La soglia della morte, marciare nella luce»
«C’è un corpo in poltiglia/con crespe di faccia, affiorante/sul lezzo dell’aria sbranata». Inizia così Voce di vedetta
morta, una poesia che Clemente Rebora (1885-1957) scrisse tra il novembre e il dicembre del 1915, mentre si trovava in prima linea — con il grado di sottotenente — sul fronte goriziano, nei pressi del monte Calvario. Una testimonianza lirica dell’immenso dramma della Grande Guerra, su cui Rebora si espresse anche nelle lettere alla madre: «Sono nella guerra ove è più torva: fango, mari di fango e bora freddissima, e putrefazione […] l’orrore di ciò che mi circonda (che tanfo di nostri morti insepolti, mentre l’artiglieria nostra ci accoppa in sbaglio!), l’imbestiamento e lo sforzo di tener su queste larve d’uomini». Il 23 dicembre sulla Cima Quattro del monte San Michele, a pochi chilometri da Gorizia, Giuseppe Ungaretti avrebbe consegnato all’eternità l’immagine tragica del «compagno/massacrato/con la sua bocca/digrignata». Chissà, forse fu proprio quel giorno che un obice scoppiò davanti a Rebora, seppellendolo sotto una frana e provocandogli un trauma cranico, con una successiva diagnosi di infermità mentale. Nonostante questo male terribile, finita la guerra Rebora riprese la sua attività di docente e di poeta e dopo un’improvvisa folgorazione religiosa nel 1930 entrò come novizio nel Collegio Rosmini, per poi essere ordinato sacerdote nel ’36 a Domodossola, facendosi promotore del messaggio rosminiano.
Una vita, quella di Rebora, passata tra l’oscurità e la luce. Una vita che lo spettacolo teatrale La soglia della morte… marciare nella luce. Clemente Rebora e la Grande Guerra,
ideato e messo in scena dal gruppo Próve de teatro di Calliano, oggi al Teatro Zandonai di Rovereto, intende raccontare avvalendosi di diversi linguaggi: teatro d’attore con quattro interpreti, videoproiezioni, musiche dal vivo a cura di Nicola Mittempergher e teatro delle ombre a cura di Paola Camerone. Lo spettacolo dura un’ora e si compone di sette quadri, che affrontano un diverso tema e una diversa fase della vita di Rebora: dall’inizio del conflitto ai rapporti di fratellanza nelle trincee, dai tormenti della malattia al conforto della fede, viatico per la pace interiore. Tutta la sceneggiatura è basata sulle poesie, i diari e le lettere di Rebora.
«Con questo spettacolo — spiega la regista Benedetta Conte — vogliamo far riflettere sul messaggio antimilitarista espresso dal poeta con le sue opere e il suo percorso religioso; in una società che non impara dai propri errori occorre un risveglio della coscienza individuale e una presa di responsabilità collettiva per contrastare l’eterno ritorno della guerra. Per sottolineare ciò alla fine dello spettacolo proietteremo alcune fotografie di guerre e esodi contemporanei realizzate da Santi Palacios, quali testimonianze ar- tistiche dell’incessante continuità dei conflitti, purtroppo presenti oggi come cento anni fa». La regista, bolognese ma ora residente a Bolzano, ha avvertito fortemente l’eco della Grande Guerra in Trentino-Alto Adige: «Qui la memoria del conflitto è sofferta e viva, oltre che ben tramandata, conservata e divulgata: il Museo storico della guerra di Rovereto, ad esempio, ci ha fornito molto materiale d’archivio». Per renderlo ancora più suggestivo si pensa in futuro di «riproporlo nelle vere trincee», spiega Conte. Per ora la prima di
La soglia della morte… marciare nella luce andrà in scena oggi al Teatro Zandonai di Rovereto, alle 10 in un evento riservato alle scuole («Spero che i ragazzi colgano il messaggio di Rebora ma anche che si facciano suggestionare dall’elaborazione creativa e tecnica che sta dietro a questo spettacolo», afferma Conte) e alle 20.45 per tutta la cittadinanza (ingresso libero). Lo spettacolo s’inserisce nell’ambito del progetto Rosmini Day a Rovereto fino al 24 marzo.