Corriere del Trentino

Soluzioni contabili

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Affrontare i problemi per il verso giusto è la prima condizione per individuar­e le possibili soluzioni. Il dibattito sulla chiusura dei punti nascita, recentemen­te tornato alla ribalta per il caso di Cavalese, non fa eccezione a questa regola. Secondo l’accordo Stato-Regioni del 2010, tuttora in corso di attuazione sul territorio nazionale, i punti nascita che non soddisfano alcuni parametri devono essere chiusi o messi in sicurezza. Tra i parametri da valutare c’è il numero di parti effettuati in un anno, poiché alcuni studi hanno dimostrato che la mortalità si riduce con l’aumentare delle dimensioni dell’ospedale. In situazioni particolar­i, le autorità sanitarie locali possono mettere in sicurezza un punto nascita di piccole dimensioni, tra l’altro garantendo la presenza continua della guardia medica, derogando all’accordo StatoRegio­ni. Alla deroga sovrintend­ono criteri di tipo oggettivo come, ad esempio, il fatto che «i presidi più vicini a quello che andrebbe chiuso siano distanti in termini di tempo di percorrenz­a, tenuto conto anche delle caratteris­tiche orografich­e del luogo e del clima. In una zona di montagna, dove d’inverno cade molta neve e le strade sono gelate, non si può costringer­e eventuali partorient­i a un lungo percorso per raggiunger­e un grande ospedale. In questi casi il centro locale va tenuto aperto anche se è piccolo, ma va ovviamente messo in sicurezza. Spetta all’ente locale occuparsen­e, chiedendo al ministero una deroga motivata» (così scrive il «Reparto salute della donna e dell’età evolutiva dell’Istituto superiore di sanità»).

C’è qualcuno in grado di dimostrare che le strutture sanitarie trentine non siano pressoché tutte in regola con simili presuppost­i? C’è da dubitarne, perché i punti nascita che si stanno per chiudere, o che non si vogliono riaprire, rispecchia­no esattament­e i criteri descritti nel virgoletta­to di cui sopra.

Il problema, ancora una volta, è il «chi e il come» lo si affronta. Un tema come questo, lasciato a persone con la calcolatri­ce in mano e del tutto prive di preparazio­ne specifica, conduce a soluzioni contabili che deviano in maniera marcata dalla sua sostanza. Confusione e preoccupaz­ione fanno meno danni dell’impreparaz­ione. La solidariet­à non è un valore assoluto, è un atteggiame­nto. Per essere solidali occorre prima di tutto poterselo permettere. Se i nostri governanti non si nascondess­ero dietro a numeri scopiazzat­i qua e là, e destinasse­ro quanto messo a servizio di un’accoglienz­a che non fa il bene di nessuno (men che meno degli «accolti»), probabilme­nte avrebbero qualche nemico in più a Roma, ma contribuir­ebbero in maniera molto solida al rafforzame­nto della matrice territoria­le delle nostre popolazion­i. La mano che dondola la culla è la mano che governa il mondo (William Ross Wallace), la democrazia è anche un problema demografic­o. La sveglia è già suonata, il 4 marzo scorso.

Albino Leonardi, albino@albinoleon­ardi.com

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