CITTÀ E PERIFERIE FORTE DUALISMO
Che in Trentino vi sia una qualche forma di competizione politica tra centri urbani e periferie è acclarato. In numerose elezioni alcuni partiti sono stati stabilmente più forti nei grandi Comuni e altri hanno dettato legge nelle valli. Lo stesso centrosinistra autonomista ha costruito i propri successi su una sorta di «divisione del lavoro», con il Pd più forte nelle città e Upt e Patt determinanti nelle valli. Pur riconfermando a grandi linee tale andamento, la consultazione del 4 marzo ha introdotto qualche elemento di incertezza in più: il centrodestra ha allargato il consenso un po’ ovunque e il centrosinistra è stato sconfitto laddove si sarebbe aspettato di vincere.
Al netto delle dinamiche politiche nazionali, è plausibile che la frattura tra centro e periferia si ripresenti grosso modo anche alle provinciali. Quali sono le ragioni della sua persistenza? Quali le implicazioni più ampie di un simile dualismo?
La spaccatura centro-periferia è stata molte volte tematizzata. Nel corso del tempo è venuta ad assumere diverse connotazioni: quella della cultura omologante contro la resistenza delle identità specifiche; dell’apertura ai processi di globalizzazione contro la difesa degli interessi locali; della borghesia aperta alle trasformazioni contro coloro che vogliono preservare le tradizioni. A livello più micro, non dobbiamo dimenticare che pure i centri urbani hanno le loro periferie. E infatti anche in essi troviamo lo stesso dualismo, spesso enfatizzato nei dibattiti su decoro urbano e sicurezza. Sorvolando sugli aspetti caricaturali e semplificatori, è importante evidenziare come una delle fratture che gli studiosi hanno identificato fondamentale fin dalle origini dei sistemi democratici moderni continui a resistere in un momento di trasformazione e destrutturazione dell’offerta politica. Non solo in Italia: David Goodhart ha spiegato efficacemente come l’esito del referendum sulla Brexit possa essere letto in termini di conflitto tra l’élite di comando del Paese, che ha frequentato le migliori scuole e si trova bene a vivere ovunque (gli «Anywheres»), e la maggioranza costituita da quanti hanno un’identità definita geograficamente e sentono di «subire» i cambiamenti imposti da dinamiche che non controllano (i «Somewheres»). Probabile che la distinzione tra centro e periferia sia riduttiva del cambiamento in atto. È però urgente interpretare con strumenti adeguati tali fenomeni, non nuovi ma che trovano oggi altri interpreti.