Il rock dei Julie’s Haircut punta su «Sanbapolis»
Solo due date per la band emiliana a Trento venerdì
L’arte di sposare musica e immagini trova nei Julie’s Haircut la sua migliore espressione. La rock band emiliana sarà protagonista venerdì prossimo al Teatro Sanbapolis di Trento (ore 21) della sonorizzazione live del film
The Last Command di Josepf Von Sternberg. Un evento inserito all’interno della rassegna Transiti, curata da Alberto Campo per il Centro Servizi Culturali Santa Chiara in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino.
I Julie’s Haircut sono sulle scene del rock indipendente da oltre vent’anni e fin dal loro esordio discografico nel 1999 hanno manifestato una propensione per l’improvvisazione applicata al rock che li ha resi ben presto assai appetibili all’estero. L’ultimo album Invocation and Ritual Dance of my Demon Twin è stato pubblicato nel 2017 dall’etichetta britannica Rocket Recordings. Ne abbiamo parlato con il leader e fondatore Luca Giovanardi, che venerdì salirà sul palco trentino assieme a Nicola Caleffi (voce, chitarra, basso e tastiere), Andrea Rovacchi (tastiere e percussioni), Andrea Scarfone (basso e chitarra), Ulisse Tramalloni (batteria) e Laura Agnusdei (sax). Ingresso 10 euro.
La vostra musica è cinematografica di per sé: quali le difficoltà principali nel sonorizzare
un classico del muto come «The Last Command»?
«Non è stata una passeggiata perché si tratta di un film che non ha una componente visiva preponderante. Pur essendo stato girato nel 1928
The Last Command mantiene una struttura tradizionale non comune che parla di metacinema. Una pellicola molto moderna e interessante che per noi è stata una sfida sonorizzare: abbiamo cercato di non rendere la musica troppo protagonista perché nel film c’è già tanto, ma chiaramente abbiamo dato la nostra impronta. Faremo le ultime prove nei prossimi giorni ma le date di Trento e Torino rimarranno le uniche, anche se abbiamo già avuto altre richieste per l’estate. L’idea è di registrare una delle due date per una futura pubblicazione».
Vi capita di suonare più all’estero che in Italia negli ultimi anni. Quanto ha influito l’approdo all’etichetta inglese Rocket Recordings?
«Sicuramente molto: dopo l’uscita dell’ultimo album nel 2017 abbiamo già fatto quattro tour suonando prevalentemente all’estero. Siamo in giro da tanti anni ma la promozione e la distribuzione fuori dall’Italia per noi sono sempre state un problema: questa etichetta assicura alla nostra musica, che rimane di nicchia, una distribuzione capillare in tutto il mondo».
Cos’è rimasto dello spirito che vi ha fatti nascere?
«Io e Nicola ci siamo dentro dal primo giorno e la tendenza all’improvvisazione e a curare le code strumentali ci ha sempre caratterizzato. La nostra formazione si è allargata e trasformata nel tempo e non ha mai seguito i dettami della forma canzone a livello compositivo: ci ispiriamo al jazz e cerchiamo di far emergere la personalità di tutti al di là degli individualismi».
Musicare un film muto come The Last Command? Non una passeggiata La nostra musica è di nicchia, quattro tour con date quasi tutte all’estero