Corriere del Trentino

L’UOVO, SIMBOLO DI RESURREZIO­NE

Tradizioni Origini nella Chandogya Upanishad: di qui tutti gli elementi Conigli, colombe, cioccolate ripiene e ricchi decori nel susseguirs­i dei secoli

- di Brunamaria Dal Lago Veneri

La «Pasqua dell’uovo», miti e simbologie nel mito della creazione della vita. Un viaggio che porta indietro nei secoli.

Oggi, mentre scrivo è Venedì Santo.

Non so distaccarm­i da quella canzone di De Andrè che dice «...e scivola il sole al di là delle dune a violentare altre notti. Io nel vedere quest’uomo che muore, madre io provo dolore. Nella pietà che non cede al rancore, madre ho imparato l’amore».

Il ritmo mi ricorda vivamente il canto dei portatori nella Procession­e del Venerdì Santo a Siviglia, dove una saeta, un canto al ritmo di flamenco, si alza in onore di Maria e mima, con la voce, il suo dolore di madre fra tutte le madri. Una saeta è, letteralme­nte una freccia, ma anticament­e si usava una saeta, un candelabro a quindici braccia con quindici candele che venivano spente nella Cena del Giovedì Santo, una alla volta, al termine di ogni salmo, e l’ultima si nascondeva dietro l’altare. Una saetta, una freccia nel cuore dell’umanità per tenere sveglia la memoria.

Ma come in tutte le cose umane, anche i più grandi dolori si attenuano, anzi per combatterl­i si sfocia nella festa.

La festa di Resurrezio­ne, la Festa della Pasqua.

Un tempo la domenica di Resurrezio­ne era chiamata Pasqua dell’Uovo perché si festeggiav­a donando o mangiando uova sode colorate, che erano state benedette in chiesa. Spesso si regalavano uova smaltate o in porcellana o in vetro o in lapislazzu­li e addirittur­a in oro e in argento, decorate con scritte e simboli pasquali.

Oggi l’usanza, si è mantenuta secolarizz­ata nelle uova pasquali di cioccolata che giungono dalle pasticceri­e senza passare per la chiesa.

L’uovo è il simbolo del Cristo risorto e della speranza della futura resurrezio­ne dei credenti. D’altronde in ogni tradizione l’uovo è simbolo di nascita, o meglio di rinascita.

Omne vivum ex ovo, dice un proverbio. In India, secondo la Chandogya Upanishad, l’uovo è nato dal Non-Essere che ha generato gli elementi: «All’inizio non vi era che il Non-Essere: Esso fu Essere. Crebbe e si cambiò in uovo. Riposò un anno e poi si divise. Apparvero due frammenti di conchiglia: l’uno d’argento, altro d’oro. Da quello d’argento venne la terra, da quello d’oro il cielo. Dalla membrana esterna vennero le montagne, dalla membrana interna le nubi e le brume, dalle vene i fiumi, dall’acqua della vescica, l’oceano».

Un mito orfico greco narra a sua volta che in principio era la Notte che, fecondata dal Vento, depose un uovo d’argento nel grembo dell’oscurità. Dall’uovo balzò Eros dalle ali d’oro portando alla luce quello che vi era nascosto: il cosmo intero con tutte le sue creature. Quest’uovo mitico non è, secondo la Rivelazion­e, se non colui che in principio era presso Dio, come scrive Giovanni nel suo Vangelo: «Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e niente senza di Lui è stato fatto di tutto ciò che esiste. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini».

Ma l’uovo è anche simile a un sepolcro, dove si sta riposando un principio di vita, come nelle tombe dei martiri cristiani Balbina e Santa Teodora a Roma, dove sono state trovate uova simboliche di marmo. Questo simbolo di resurrezio­ne si trova anche nei reliquiari medioevali che contengono uova di struzzo montate su coppe, mentre nella cattedrale di Burgos, in Spagna, ai piedi del Crocifisso sono sospese alcune uova.

Nella cristianit­à ortodossa il significat­o sacrale connesso al dono dell’uovo non è mai tramontato. In Russia si chiama Pysanky, dal verbo pysaty, scrivere. Perché è associato alla scrittura? Perché sul guscio si tracciano simboli sacri che ricordano la settimana santa. La decorazion­e avviene in silenzio, interrotta a tratti da preghiere e da canti, dal verbo nacque il suono e dal suono la parola e la parola fu vita. Comunque anche le icone vengono «scritte» in silenzio e in devozione. Sempre dalla Russia arriva la fama delle uova di Peter Karl Fabergè che con i suoi orafi ha progettato e costruito il primo famoso uovo nel 1885. L’uovo fu commission­ato dallo zar Alessandro III di Russia, come sorpresa di Pasqua per la moglie Maria Fyodorovna. L’uovo, di colore bianco con smalto opaco, aveva una struttura a scatole cinesi o a matrioske russe: all’interno vi era un tuorlo tutto d’oro, contenente a sua volta una gallinella colorata d’oro e smalti con gli occhi di rubino. Quest’ultima racchiudev­a una copia in miniatura della corona imperiale contenente un piccolo rubino a forma d’uovo.

L’usanza di scambiarsi le uova come dono e augurio è quindi molto antica. Nelle valli ladine le ragazze donano un uovo dipinto allo spasimante che lo restituirà in segno di accettazio­ne dell’amore. Quest’uovo verrà sepolto nella terra e sarà lo scrigno segreto dal quale nascerà la felicità della futura coppia. Un’altra usanza, ancora molto viva è quella di gareggiare battendo la punta di un uovo sodo e colorato, contro quella dell’avversario. Chi avrà l’uovo ancora intero sarà il vincitore.

Ancora una curiosità. L’usanza di celare nell’uovo di Pasqua una sorpresa nasce nel XVI secolo, quando a Francesco I, re di Francia, venne offerto un guscio d’uovo che conteneva un’incisione in legno raffiguran­te la Passione del Cristo. L’usanza si diffuse rapidament­e nella Francia del Re Sole al quale i cortigiani donavano uova raffinate la domenica di Pasqua: i maggiori pittori dell’epoca le dipingevan­o con grande perizia. Nel Settecento Luigi XV donò a Madame du Barry un grande uovo decorato che conteneva una statuina di Cupido creata dall’orafo di corte. Ai nostri tempi le uova con sorpresa le porta un fantomatic­o Coniglio di Pasqua che nasconde le uova nel giardino o in casa per la gioia di grandi e bambini. Perché un coniglio?, ci si chiederà. Certo il coniglio non depone uova, ma è di per sé un segno di fecondità e di prosperità. La tradizione della lepre farebbe capo a Eostre - o Ostara, da cui la parola per Pasqua in tedesco, Ostern, e in inglese, Easter una divinità sassone pagana associata alla primavera, alla fertilità e alla rinascita. Il suo animale simbolo sarebbe stato proprio una lepre o più prosaicame­nte , un coniglio.

Un riferiment­o artistico? La Madonna del coniglio di Tiziano. E le colombe? Qui mi riferisco alla tradizione: alla fine del pasto pasquale, durante il quale si mangia l’agnello secondo l’antica usanza ebraica, è d’obbligo un dolce in forma di colomba che in questa occasione può simboleggi­are sia il Cristo sia lo Spirito Santo. Nella chiesa primitiva prevaleva però il simbolo del Cristo. «Il Padre, prima della venuta del Cristo», spiegava il primo bestiario cristiano, il Fisiologo, «ha inviato come colombe, perché chiamasser­o tutti alla vita, Mosè, Elia, Samuele, Geremia, Isaia, Ezechiele, Daniele e gli altri profeti, e nessuno di loro è riuscito a ricondurre alla vita gli uomini; ma quando è stato inviato dal Padre il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli, Egli ha condotto tutti alla vita con il proprio sangue dicendo: “Venite a me tutti voi che siete affaticati ed oppressi, ed io vi darò riposo”». Anche Tertullian­o afferma: «La colomba è solita indicare il Cristo». E Prudenzio: «O Cristo, tu sei per me la potente colomba che vince l’uccello gonfio di sangue».

La colomba è anche, dopo l’episodio di Noè, portatrice del ramo d’ulivo, dunque di pace e concordia. In Grecia la colomba era associata all’armonia e al numero otto, che ne è il simbolo. Serviva alla determinaz­ione dei presagi favorevoli e profetizza­va nella foresta di Dodona. La quercia di Dodona era consacrata a Zeus, ma accanto a essa si trovavano le colombe sacre, simboli della grande Madre Tellurica, e ciò suggerisce un’antica ierogamia del Dio Celeste della tempesta con la grande Dea della Fecondità. Nei bassorilie­vi funebri si vede spesso una colomba, simbolo dell’anima, che beve a un vaso che rappresent­a la fonte della memoria.

Nel Medioevo la colomba continua a significar­e, oltre allo Spirito Santo, il Cristo, come testimonia il Bestiario Divino di Guglielmo di Normandia, e anche quello di Filippo di Thaon che afferma: «La colomba significa Gesù, figlio di Maria, e noi siamo le colombe». Si usavano cibori d’argento in forma di colomba con un’apertura sul dorso, dove erano contenute le ostie – simbolo del Cristo che donava ai fedeli il proprio corpo. La premessa l’ho già fatta – ogni oggetto, animale, pianta possono suscitare simboli diversi. Quello dei «perché» è un meccanismo antico. A me piace spiegarlo con gli antichi riti e con gli antichi bestiari. Comunque sia, uova, colombe, conigli permettend­o, Buona Pasqua a tutti.

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Arte Le uova, svuotate, sono al centro di un particolar­e filone artistico che ne valorizza forma e delicatezz­a forandole e illuminand­ole

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