Olimpiadi invernali, il Veneto non si rassegna
Rossi: «Le Dolomiti sono già attrezzate». Zaia: ora comporremo una task force
VENEZIA Nei giorni in cui la candidatura di Cortina alle Olimpiadi invernali 2026 si indebolisce al cospetto del colosso a due teste di Milano e Torino, anche per le polemiche legate a una presunta candidatura tardiva, arriva l’appoggio netto dei governatori Arno Kompatscher per l’Alto Adige e Ugo Rossi per il Trentino. Un appoggio esterno, certo, ma un appoggio importante che rinsalda lo schema a tre: Cortina insieme a Trento e Bolzano. E si intuisce è una strategia vera e propria. Lo dice a chiare lettere Kompatscher: «Confermiamo l’impegno di mettere a disposizione piste e impianti, per il resto che vinca il migliore». E poi il governatore specifica: «È importare riportare le Olimpiadi invernali nei luoghi in cui sono nate, nei luoghi in cui funziona davvero lo sport invernale e va fatto con strutture esistenti, senza nuovi investimenti faraonici e consumo di suolo».
Una candidatura eco sostenibile da un lato, insomma, e di «ritorno (poetico) alle origini» dall’altro. Alle ultime Olimpiadi invernali in Corea, a Casa Italia spiccava una foto d’epoca: le gare di pattinaggio sul lago ghiacciato a Cortina 1956. Bello, bellissimo, e, dicono gli esperti, ormai impraticabile. Sono cambiati gli standard, sono cambiate persino le discipline, ora ci sono le evoluzioni acrobatiche del Big Air, una sorta di snowboard estremo, per dirne una. E, soprattutto, sono cambiate le dimensioni della macchina. Il villaggio olimpico, ad esempio, in grado di accogliere 4.900 persone e una sala stampa che occupi 43mila metri quadrati.
«Dimensioni che - spiegano al Coni - con un pizzico di realismo fanno intuire la verità: di olimpiadi invernali in montagna se ne vedranno ben poche». Il futuro sono gli impianti temporanei in grado di riprodurre tutte le attrezzature necessarie ovunque, preferibilmente in pianura, come nella disagiata zona sud di Milano che il sindaco Sala ha già indicato, nelle segrete stanze del Coni, appunto. E non è un caso che alcune delle ultime città ospitanti siano un porto crocieristico come Soci, un altro porto come Vancouver o Pyeongchang che di monti ne conta ben pochi.
Zaia, dal canto suo, ribadisce i rapporti «ottimi e costanti» con il presidente del Coni Giovanni Malagò. Più che un pasticcio diplomatico, però, la candidatura di Milano e Torino potrebbe rispondere meglio alle esigenze. Eppure a Nordest la si vede diversamente. Non in nome della nostalgia, quanto, piuttosto, per la convinzione che le difficoltà logistiche si possano superare per godere di uno scenario naturale, e non artificiale, che conta pochi rivali. «L’area delle Dolomiti - rincara la dose Ugo Rossi - è già attrezzata in modo omogeneo e accessibile. A questo si aggiunga il fatto che c’è una natura, un patrimonio ambientale di qualità eccezionale. Noi ci contiamo». L’ultimo tassello per saldare ulteriormente i tre portabandiera di Cortina 2026 è questo e si somma alle dichiarazioni di Zaia che invoca la massima trasparenza nella valutazione delle candidature. «Ho un buon rapporto con Malagò. Gli ho comunicato la nostra idea, estesa anche alle Province di Trento e Bolzano, non appena abbiamo deciso di intraprendere questo percorso. Adesso, fino ad ottobre, proseguirà la procedura di valutazione. Intanto comporremo anche la task force che seguirà questo percorso perfezionando la documentazione» conclude Zaia.