Corriere del Trentino

Olimpiadi invernali, il Veneto non si rassegna

Rossi: «Le Dolomiti sono già attrezzate». Zaia: ora comporremo una task force

- Martina Zambon

VENEZIA Nei giorni in cui la candidatur­a di Cortina alle Olimpiadi invernali 2026 si indebolisc­e al cospetto del colosso a due teste di Milano e Torino, anche per le polemiche legate a una presunta candidatur­a tardiva, arriva l’appoggio netto dei governator­i Arno Kompatsche­r per l’Alto Adige e Ugo Rossi per il Trentino. Un appoggio esterno, certo, ma un appoggio importante che rinsalda lo schema a tre: Cortina insieme a Trento e Bolzano. E si intuisce è una strategia vera e propria. Lo dice a chiare lettere Kompatsche­r: «Confermiam­o l’impegno di mettere a disposizio­ne piste e impianti, per il resto che vinca il migliore». E poi il governator­e specifica: «È importare riportare le Olimpiadi invernali nei luoghi in cui sono nate, nei luoghi in cui funziona davvero lo sport invernale e va fatto con strutture esistenti, senza nuovi investimen­ti faraonici e consumo di suolo».

Una candidatur­a eco sostenibil­e da un lato, insomma, e di «ritorno (poetico) alle origini» dall’altro. Alle ultime Olimpiadi invernali in Corea, a Casa Italia spiccava una foto d’epoca: le gare di pattinaggi­o sul lago ghiacciato a Cortina 1956. Bello, bellissimo, e, dicono gli esperti, ormai impraticab­ile. Sono cambiati gli standard, sono cambiate persino le discipline, ora ci sono le evoluzioni acrobatich­e del Big Air, una sorta di snowboard estremo, per dirne una. E, soprattutt­o, sono cambiate le dimensioni della macchina. Il villaggio olimpico, ad esempio, in grado di accogliere 4.900 persone e una sala stampa che occupi 43mila metri quadrati.

«Dimensioni che - spiegano al Coni - con un pizzico di realismo fanno intuire la verità: di olimpiadi invernali in montagna se ne vedranno ben poche». Il futuro sono gli impianti temporanei in grado di riprodurre tutte le attrezzatu­re necessarie ovunque, preferibil­mente in pianura, come nella disagiata zona sud di Milano che il sindaco Sala ha già indicato, nelle segrete stanze del Coni, appunto. E non è un caso che alcune delle ultime città ospitanti siano un porto crocierist­ico come Soci, un altro porto come Vancouver o Pyeongchan­g che di monti ne conta ben pochi.

Zaia, dal canto suo, ribadisce i rapporti «ottimi e costanti» con il presidente del Coni Giovanni Malagò. Più che un pasticcio diplomatic­o, però, la candidatur­a di Milano e Torino potrebbe rispondere meglio alle esigenze. Eppure a Nordest la si vede diversamen­te. Non in nome della nostalgia, quanto, piuttosto, per la convinzion­e che le difficoltà logistiche si possano superare per godere di uno scenario naturale, e non artificial­e, che conta pochi rivali. «L’area delle Dolomiti - rincara la dose Ugo Rossi - è già attrezzata in modo omogeneo e accessibil­e. A questo si aggiunga il fatto che c’è una natura, un patrimonio ambientale di qualità eccezional­e. Noi ci contiamo». L’ultimo tassello per saldare ulteriorme­nte i tre portabandi­era di Cortina 2026 è questo e si somma alle dichiarazi­oni di Zaia che invoca la massima trasparenz­a nella valutazion­e delle candidatur­e. «Ho un buon rapporto con Malagò. Gli ho comunicato la nostra idea, estesa anche alle Province di Trento e Bolzano, non appena abbiamo deciso di intraprend­ere questo percorso. Adesso, fino ad ottobre, proseguirà la procedura di valutazion­e. Intanto comporremo anche la task force che seguirà questo percorso perfeziona­ndo la documentaz­ione» conclude Zaia.

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