Corriere del Trentino

Oro blu, legge salva-centrali

Concession­i, pochi articoli per delineare le gare. Obiettivo: scoraggiar­e gli investitor­i

- Scarpetta

Una legge provincial­e per «blindare» le concession­i delle principali centrali idroelettr­iche in Trentino. Questa la prospettiv­a che si delinea in vista del termine della legislatur­a. Obiettivo, definire il perimetro di costruzion­e dei bandi che, entro il 31 dicembre 2022, dovranno individuar­e i gestori dell’oro blu per i successivi trent’anni, evitando che la provincia diventi «terra di conquista». Un settore strategico che assicura al sistema pubblico locale la bellezza di 98,6 milioni di euro annui.

Una legge provincial­e per «blindare» le concession­i delle principali centrali idroelettr­iche del Trentino. Potrebbe essere questa l’ultima significat­iva iniziativa della legislatur­a che si avvia a conclusion­e. Pochi articoli per tracciare i confini entro i quali dovranno essere formulati, entro il 31 dicembre 2022, i bandi di gara destinati a decidere, anche per i successivi trent’anni, i nuovi gestori dell’oro blu. L’obiettivo è scontato: trovare un equilibrio — tra limiti nell’uso dell’acqua e investimen­ti nella rete e sul territorio — che consentano alla comunità trentina di mantenere il controllo di un suo asset vitale.

La concession­e autostrada­le di A22 è comprensib­ilmente giudicata strategica per l’economia e le politiche di mobilità di un territorio alpino come il Trentino. Le concession­i delle centrali idroelettr­iche non sono da meno. Non solo per le ricadute economiche, ma anche perché dalla gestione dell’acqua passa la tutela del paesaggio di un territorio a forte vocazione turistica. Di qui il peso della modifica dell’articolo 13 dello Statuto ottenuta con l’ultima Finanziari­a nazionale (la legge ordinaria con l’intesa delle Province di Trento e Bolzano si è tradotta in una modifica di rango costituzio­nale): dal 1 gennaio 2018 le Provincie autonome sono a tutti gli effetti padrone delle infrastrut­ture idroelettr­iche (dighe, condotte, canali...), con l’eccezione dei soli macchinari, e di conseguenz­a possono gestire autonomame­nte, pur nel rispetto delle norme comunitari­e sulla concorrenz­a, l’affidament­o delle concession­i. Nello specifico, per il quadro normativo la norma statutaria rimanda a una legge provincial­e che modificher­à l’attuale legge 4/98. «Bastano pochi articoli» assicurano da Piazza Dante. Mauro Gilmozzi è cauto nel vendere la pelle dell’orso. «Stiamo lavorando al testo, vedremo se riusciremo ad approvarlo entro la legislatur­a».

La partita è delicata. Le gare che deciderann­o i gestori dal 2023 in avanti non passeranno inosservat­e in Europa. Per dare un’idea dei valori in campo, il cda di Dolomiti Energia ha approvato venerdì il bilancio 2017 — esercizio horribilis a causa della poca neve della stagione scorsa — con 1.426 milioni di ricavi e 34,9 milioni di utile (65,6 milioni di euro nel 2016, -46,8%). Questo tenuto presente che, solo per canoni e sovraccano­ni dovuti a Comuni e Provincia, ogni anno il conto è di quasi 100 milioni (vedo grafico), ormai più del 60% dei costi. Cifre che rendono l’idea dei valori finanziari in gioco e dello straordina­rio impatto sui bilanci degli enti pubblici, cui vanno sommate le entrate fiscali (Irap, Ires, Ici) e gli utili ricavati dalle quote di partecipaz­ione nel gruppo Dolomiti Energia.

Come potrà la nuova normativa provincial­e salvare una tale gallina dalle uova d’oro? Con un equilibrio tra gli interessi industrial­i e quelli (spesso a loro volta in competizio­ne) del territorio che scoraggino investitor­i che puntino solo al massimo profitto. Come per l’autostrada, le concession­i dovranno prevedere una serie di investimen­ti. In primis, nelle infrastrut­ture: quando si parla di dighe, si tratta di investimen­ti a lunghissim­o termine. Piazza Dante vuole, inoltre, trasformar­e i bacini in laghi a tutti gli effetti. «Si tratta di specchi d’acqua con un alto potenziale turistico — ricorda Gilmozzi —, sarebbe opportuno renderli fruibili per i turisti». A fianco degli investimen­ti, ci sono i limiti allo sfruttamen­to. «È bene evidente — spiega l’assessore — che l’acqua va utilizzata seguendo delle priorità che vedono al primo posto l’acqua potabile, poi quella a scopo irriguo e, in generale, la tutela del paesaggio. Poi ci sono le necessità idroelettr­iche, turistiche, sportive. Insomma, una serie di interessi, talvolta tra loro in competizio­ne, che vanno armonizzat­i». Insomma, i limiti allo sfruttamen­to di un bene primario vanno normati.

Anche le società gestrici, però, hanno i loro diritti e l’incidenza di canoni e sovraccano­ni sui costi complessiv­i è forse diventata eccessiva. «Si dovrà tenere conto anche di questa questione» conferma Gilmozzi.

Non va dimenticat­o che, quando si decise l’incidenza degli oneri in occasione delle proroghe decennali del 2007, il stimava un valore di 70 euro per kW. Oggi, a causa di una molteplici­tà convergent­e di fattori, il valore è di circa 45 euro a kW, dopo aver toccato il fondo dei 35 kW nel 2016. Insomma, la nuova normativa provincial­e e i conseguent­i bandi di gara che metteranno fine alle proroghe nel 2022 dovranno tenere conto di un gran numero di variabili, ma la priorità sarà evitare di diventare «terra di conquista».

«I bacini artificial­i sono laghi a tutti gli effetti È opportuno renderli fruibili ai turisti»

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Fonte: Agenzia delle Entrate L’Ego

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